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QUELLO STORICO GEMELLAGGIO TRA FRANCAVILLA A MARE E ISCHIA IN NOME DI COSTANZA D’AVALOS LA NOSTRA CASTELLANA – LA PROMESSA NON MANTENUTA PER UNA STRADA DA INTESTARLE A ISCHIA COSTANZA AMAVA EPISTOLARE NEL SENSO CHE DIALOGAVA CON LE PERSONE DI PARI LIVELLO ATTRAVERSO LE LETTERE
L’ ISOLA D’ISCHIA DOVREBBE MEGLIO MAGNIFICARE IL CARISMA DI COSTANZA, LA NOBILDONNA DAVA LEZIONI ALLA GIOVANE NIPOTE ACQUISITA VITTORIA COLONNA E NE APPREZZAVA IL GRANDE TALENTO – UNA VOCE ATTENDIBILE CHE CORRE DA OLTRE CINQUECENTO ANNI : LA GIOCONDA HA IL VOLTO DELLA CASTELLANA GOVERNATRICE COL FRATELLO INNICO DELL’ISOLA – SECONDO PAOLO GIOVIO (1486-1552), STORICO, COLLEZIONISTA D’ARTE E VESCOVO, DONNA COSTANZA ERA UNA DELLE MODELLE PREFERITE DI LEONARDO DA VINCI CHE NON SI ESCLUDE POSSA AVERLA INCONTRATA SUL CASTELLO D’ISCHIA – INSIGNI STUDIOSI SI SONO PRONUNCIATI, ED IN PARTICOLARE IL FILOSOFO BENEDETTO CROCE, CHE AL RIGUARDO HA LASCIATO TRACCE DI UN SUO STUDIO PARTICOLARE SUL “CASO” CHE LO INTRIGAVA MOLTO – NEL DOPOGUERRA FURONO RICONOSCIUTI I MERITI DEI SOLI NIPOTI VITTORIA E FERRANTE
DI ANTONIO LUBRANO
Costanza D’Avalos è stato un personaggio di punta della storia di Ischia. Con Vittoria Colonna aveva magnificato l’ambiente regale in cui era titolata in cenacolo di cultura, ove si radunavano ospiti sapienti di vario ingegno e dell’arte della guerra, essendo la nobildonna anche una coraggiosa combattente. Era figlia di Innico I d’Avalos , conte di Monteodorisio, e dell’ereditiera Antonella d’Aquino. Venne data in sposa nel 1477 a soli 17 anni a Federico del Balzo principe di Altamura e duca di Venosa, figlio di Pietro Del Balzo e fratello della regina di Napoli Isabella. Dopo essere rimasta vedova senza figli, Federico I di Napoli le concesse il ducato di Francavilla. Seguì il fratello Innico II d’Avalos e sua moglie Laura Sanseverino a Ischia. Nel 1503, dopo la costruzione della Torre, nel Giardino delle Ninfe, che gli ischitani chiameranno poi Torre di Michelangelo, lottò contro i francesi, ottenendo l’anno dopo il governo del Castello e dell’isola. A Ischia stabilì la sua corte, frequentata dai maggiori umanisti napoletani del suo tempo e da altre personalità che dal nord e dal centro dell’Italia arrivavano fino ai territori del napoletano dominati dagli aragonesi. L’isola d’Ischia e il Castello ne facevano parte a pieno titolo. Costanza nel suo aspetto di donna statuaria e forte, era bella e colta ed era circondata da diversi ammiratori che non le davano tregua nell’arte del corteggiamento che Lei sapeva bene gestire senza doversi impegnare oltre il lecito. Costanza amava epistolare nel senso che dialogava con le persone dipari livello attraverso le lettere. L’era rinascimentale che si sviluppò in Italia tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età Moderna in un arco di tempo che va dall’inizio del quindicesimo secolo, fino alla fine del sedicesimo secolo, vide le nostre nobildonne del passato crescere alla Corte di Ischia mostrando tendenze diverse. Costanza ad esempio per la “corrispondenza” preferiva probabilmente adoperare la «lettera de secretario”, il quale fu per diverso tempo Ercole de Rossi di Giffoni, È così che nelle sue lettere l’autografia è limitata alla sottoscrizione, con un’unica eccezione. Si tratta dell’epistola del 2 settembre 1513 indirizzata a Ferdinando il Cattolico per raccomandare il marchese di Dilicito: Costanza, data l’importanza del destinatario, scrive di proprio pugno con forma e prosa molto ariosa, perfettamente incolonnata a sinistra e con attenzione anche alla marginazione esterna (sono presenti ampi trattini di a capo).77 La lettera mostra insomma l’abilità scrittoria di Costanza, che era in grado di realizzare un testo elegante, ordinato, e ubbidiente a tutte le regole della composizione epistolare (intitulatio, narratio, racomandatio, datatio, infrascriptio, superinscriptio). Insomma la sua cultura, la sua bellezza ed il suo fascino come si vedrà appresso, ebbero un punto fermo nella storia della sua vita. alcuni uomini di cultura e studiosi famosi compreso Benedetto Croce, che fece addirittura uno studio particolare sul caso che lo intrigava tanto, hanno visto ritratta ne La Gioconda di Leonardo da Vinci al Louvre di Parigi, il volto non della fiorentina Lisa Gherardini, ma quello decisamente più somigliante della “nostra” Costanza D’Avalos. L’argomento delicato, che nella sua diversa e forse più attendibile interpretazione, potrebbe rivoluzionare i tracciati ed i responsi della storia, visto che a tempo viene riproposto e dato in pasto ad una certa critica di giudizio fra le più disparate, sarebbe quanto mai interessate, se proprio da Ischia venisse rilanciato e posto al centro di nuove discussione per venire a capo di una vicenda i cui presupposti per meglio sviscerarlo ci sono tutti e sono tanti. A cominciare da quanto scrive l’ italiano Angelo Paratico, ricercatore storico, residente a Hong Kong con una propria pagina su fb. Il Paratico riesuma Paolo Giovio (1486-1552), medico, storico, collezionista d’arte e vescovo di Nocera dei Pagani, che quando fu studente di medicina a Pavia, ebbe modo di conoscere Leonardo Da Vinci. Il Giovio nel tempo del Sacco di Roma fu provato molto dal brutto accadimento ed entrò in depressione A sollevarlo dalla depressione scrive il ricercatore Paratico, giunse un invito da Vittoria Colonna, con la quale aveva contatti. La nobildonna gli chiedeva di andarla a trovare ad Ischia per recuperarvi la salute e il coraggio. A Ischia Giovio restò parecchi mesi, decidendosi ad abbandonarla solo nell’autunno del 1528, chiamato a raggiungere il papa che era rientrato a Roma. Mentre soggiornava sull’isola, Paolo Giovio sentì che con il Sacco di Roma il mondo era cambiato, e avvertì il bisogno di lasciar traccia dei grandi uomini e delle grandi donne che aveva conosciuto. Così scrisse nel suo latino aulico dei frammenti biografici di uomini e donne di lettere, il “De viris et foeminis aetate nostra florentibus”.Passò poi ai pittori e agli umoristi, ma questa parte non la completò. L’opera rimase incompiuta e fu pubblicata a Modena solo nel 1781 dal Tiraboschi, sotto il titolo di “Fragmentum Trium Dialogorum Pauli Jovii. Dialogum virium illustrium cui in calce sunt additae Vincii, Michelis Angelis, Raphaelis Urbinatis vitae”: ed è proprio qui che si trova la parte riguardante Leonardo Da Vinci. Ad Ischia il Giovio si legò d’amicizia non solo con Vittoria Colonna, ma anche con Costanza d’Avalos, duchessa di Francavilla (1461-1541) e con Alfonso, marchese del Vasto. Un ulteriore punto di contatto tra Ischia e Leonardo Da Vinci può essere visto proprio in Costanza D’Avalos la quale, secondo il grande studioso Adolfo Venturi, fondatore della disciplina universitaria di storia dell’arte in Italia, fu addirittura la modella di Leonardo per la Gioconda, che ora si può ammirare a Parigi, al museo del Louvre. Lisa Gherardini del Giocondo non avrebbe dunque nulla a che vedere con quel dipinto famosissimo, e questa è un’opinione condivisa da molti. Ma nel tempo sono staiti altri insigni studiosi ad accostare l’”ischitana”Costanza D’avalos alla famosa opera di Leonardo Da Vinci che non si esclude possa essere approdato ad Ischia, nei suoi vari viaggi in Campania per incontrare la bella Costanza e dipingerne i lineamenti e la veletta nera segno della sua recente vedovanza. La storia recente ci consegna un evento che riguarda la nostra Costanza D’avalos e un paese della Puglia. Francavilla a Mare di cui Costanza ne è stata la Principessa. E’ storia di gemellaggio fra le due località di mare in nome appunto di Costanza D’Avalos. Infatti nella domenica del 1 luglio 2018.si svolse nella piazza Adriatico di Francavilla la cerimonia di gemellaggio tra Ischia e la cittadina pugliese,.alla presenza anche di una folta delegazione ischitana composta dal vice sindaco Luigi Di Vaia, dall’assessore Paolo Ferrandino e dal Comandante Giovan Giuseppe Pugliese. L’evento, organizzato dall’Associazione Culturale le Franche Villanesi, vide una sfilata in abiti d’epoca alla quale vi partecipò anche Ischia con i colori del proprio gonfalone. Il gemellaggio, voluto tre anni prima dall’ex assessore Giosué Mazzella, si rinnovò così nel segno di Costanza d’Avalos, governatrice di Ischia e principessa di Francavilla. «In un periodo in cui la politica tende ad alzare i muri, noi ci sforziamo di costruire ponti, – dichiarò il vice sindaco Luigi Di Vaia – ponti che uniscono due località che hanno in comune, oltre che questa grossa tradizione culturale, il mare. Siamo due territori a vocazione turistica e crediamo che il filone del turismo culturale vada seguito con estrema attenzione. Questo tipo di iniziative mettono in moto una serie di meccanismi virtuosi che, ci auguriamo, possano smuovere anche le economie delle nostre comunità. Grazie di averci accolto, vi aspettiamo a Ischia in vacanza!».L’auspicio di Maria Rosaria Sisto, presidente dell’Associazione Le Franche Villanesi, fu che presto una delle strade di Francavilla al Mare possa essere intitolata a Costanza D’Avalos, principessa di Francavilla. «Sarebbe bello – ha concluso il vice sindaco di Ischia Luigi Di Vaia – cercare di organizzarci per conferire anche noi, nello stesso momento, il nome di una strada alla nostra principessa, ci metteremo a lavoro per individuare il tratto di strada più idoneo». Fino ad oggi, di una strada intitolata a Costanza D’Avalos, nemmeno l’ombra.
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COPPIE DI SPOSI AD ISCHIA DAGLI ANNI ’30 AD OGGI E RICORDI STORICI DI “SCUGNIZZI” ISCHTANI A CACCIA DELL’ULTIMO CONFETTO SUI SAGRATI DELLE CHIESE ALL’ USCITA DEGLI SPOSI E DEGLI INVITATI
NEL 2020 FINO ALLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE 2024, SONO STATI CELEBRATI IN ITALIA 226.70 MATRIMONI, CON 6.300 IN MENO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE. SULL’ISOLA D’ISCHIA I MATRIMONI LO SCORSO ANNO FINO AD OGGI, SONO STATI 198 DI CUI UNA TRENTINA COL SOLO RITO CIVILE. PER LO PIÙ CI SI SPOSA SOTTO I 27 ANNI PER L’UOMO E SOTTO I 24 ANNI PER LA DONNA. DIMINUITI I MATRIMONI CON STRANIERI NON NATI SULL’ISOLA, SIA DA PARTE DELL’UOMO CHE DELLA DONNA. AUMENTATI I MATRIMONI FRA ISOLANI DI PROVENIENZA DA COMUNE DIVERSO. DALLO SCORSO ANNO FINO AD OGGI 15 SONO STATI I MATRIMONI TRA PERSONE NON DI ISCHIA CHE HANNO SCELTO LA NOSTRA ISOLA PER CONVOLARE A NOZZE. CONTENUTO IL NUMERO DELLE SEPARAZIONI. INSOMMA IL QUADRO DI STABILITÀ DEI NOSTRI SPOSI È ABBASTANZA RASSICURANTE E NON PROMETTE IMPENNATE NEGATIVE. LA CHIESA DI ISCHIA CON I SUOI INCONTRI, CONVEGNI, CAMMINI NELLA FEDE E NELLO SPIRITO E VISITE PASTORALI ALLE PARROCCHIE DELL’ISOLA DEL VESCOVO DI ISCHIA MONS. CARLO VILLANO RAPPRESENTA EVIDENTE PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA NOSTRA GIOVENTÙ CHE INTENDE SEMPRE PIÙ CAMBIARE, APPRENDERE, MISURARSI
La Giarrettiera rimane l’indumento intimo a cui le spose sono ancora… affezionate
PASSATO DA INCUBO PER LE SPOSE DELLA VECCHIA ISCHIA COSTRETTE A SEGUIRE ANTICHE CREDENZE, SUPERSTIZIONI E TRADIZIONI “”IRRINUNCIABILI”
Gli invitati alla di festa di nozze erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa. L’abito da sposa rosso (raro) era ed è considerato segno di desiderio e passione
DI MICHELE LUBRANO
Nei primi del novecento, sull’Isola d’Ischia specie nell’entroterra, l’abbigliamento della sposa era oggetto di tradizioni, superstizioni e credenze, a partire dal colore: il più comune era ed è tutt’ora il bianco, simbolo di purezza e ritenuto fortunato; il blu raramente usato, indicava sincerità da parte della sposa; il turchese lo si giudicava gradevole ed aristocratico; il verde timidezza; il nero mai usato, pentimento; l’avorio invece preannuncia una vita turbolenta; il marrone e il grigio indicavano che gli sposi sarebbero andati a vivere lontano o in campagna; il rosa prediceva una perdita economica. Anticamente era indossato dalle spose non più vergini o nelle seconde nozze, come spesso si fa anche oggi; il rosso era ed è desiderio e passione; il giallo mancanza di stima da parte della sposa. Gli invitati erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa, anche se era ed è oggi, un colore molto di moda in particolare nel mondo giovanile, soprattutto nei ricevimenti serali. Nella tradizione antica ischitana, si voleva che il giorno delle nozze la sposa portasse con sé: una cosa vecchia: a simboleggiare il passato, la vita antecedente al matrimonio e la sua importanza. Ogni sposa avrebbe indossato un oggetto appartenente al proprio passato per non dimenticarlo nel nuovo cammino che andava a intraprendere; una cosa nuova: era simbolo della vita che sta per cominciare e delle nuove sfide che porterà con sé; una cosa prestata: sarebbe stata una persona cara a prestare quest’oggetto, a simboleggiare che le persone care restano vicine anche nel passaggio dal vecchio al nuovo; una cosa regalata: avrebbe simboleggiato l’affetto delle persone che si amano; una cosa blu: avrebbe indicato sincerità e purezza da parte della sposa. Da tradizione, di questo colore era la giarrettiera, indossata nel caso di gonne ampie e lunghe. Il futuro marito non poteva vedere il vestito da sposa prima della cerimonia: farlo avrebbe portato sfortuna. Del resto si pensa così anche oggi. Per quanto riguarda gli anniversari va detto che la tradizione ha assegnato particolari denominazioni agli anniversari di matrimonio, soprattutto con il crescere dell’importanza commerciale della festa. Le principali ricorrenze festeggiate sono il 25º anniversario, denominato nozze d’argento, e il 50º anniversario, che prende il nome di nozze d’oro.
michelelubrano@yahoo.ii
DI ANTONIO LUBRANO
Ottobre 2024 , tempo di matrimoni sull’isola, oggi come ieri. Ed anche tempo di ricordi nostalgici. Il lancio dei confetti agli sposalizi ad Ischia per il passato, ha rappresentato il primo ed unico richiamo per i ragazzi “scugnizzi” delle contrade nei vari comuni isolani. Vi accorrevano sicuri di fare bottino pieno di tutti i confetti che venivano riversati addosso agli sposi del loro quartiere lungo il percorso del corteo nuziale, dall’abitazione della sposa fino alla chiesa, ed in particolare all’uscita, dopo la cerimonia religiosa, sui sagrati delle chiese stesse. In quel preciso luogo, prendevano corpo vere e proprie ammucchiate di ragazzini, che, carponi, fra i piedi degli sposi e degli invitati da prima fila, si producevano in un’ arrembante e affannosa caccia all’ultimo confetto rimasto per terra o nascosto sotto il velo a strascico della sposa felice e compiacente per quel ormai frequente spettacolo. I confetti lanciati da finestre e balconi del primo piano e dal piano terra, lungo il percorso del corteo a piedi o con i taxi tirati a lucido per la speciale occasione, erano posti in vassoi o guantiere d’argento, ricoperte del classico fazzoletto di lino antico ricamato e merlettato. Era la tradizionale e colorita usanza, messa in atto dalle famiglie della zona da dove proveniva la sposa o lo sposo per il doveroso omaggio alla giovane o al giovane rampollo che dava l’addio al celibato ed agli abituali amici e conoscenti del rione. Una specie di saluto da commedia, che gli sposi al passaggio, dimostravano di gradire, alzando le mani e rispondendo a loro volta al gesto augurale inscenato per amicizia e simpatia nei loro riguardi. Tutto questo accadeva intensamente dalle nostre parti negli anni ’40 e ’50, quando i confetti bianchi da soli, stimolavano l’interesse fanciullesco dei ragazzi del quartiere il sabato e la domenica, giorni solitamente utilizzati per le feste nuziali nel paese, per le strade ed in chiesa avvolti tutti in un appetibile clima di festa popolare. I mesi preferiti per tradizione, per lo più, erano ottobre, prima decade di dicembre e marzo, ma in special modo ottobre. Così si pensava e si agiva nella semplicità di quei tempi andati, dove quei confetti raccolti nella strada agli sposalizi costituivano un dolce ed avido alimento per i cosiddetti “scugnizzi” ischitani, a quel tempo, privi di tante cose. Oggi è tutta un’altra storia. Quei ragazzi di contrada che facevano gruppo per dividersi l’ultimo confetto raccolto per terra sotto l’abito bianco a strascico della sposa all’uscita dalla chiesa o salvatosi dalle ruote pesanti dei taxi del corteo nuziale, non vi sono più. Sono diventati padri, zii, nonni con tutto un carico di ricordi con i quali vale la pena di continuare a vivere. Ricordi che non si riducono ai soli confetti raccolti per terra in occasione di quegli indimenticabili sposalizi del quartiere, ma anche a tutto quanto è accaduto dopo, nella vita che è seguita. Finisce un’epoca e ne incomincia un’altra, più “aperta” e complessa con nuove usanze, diversa visione della vita, nozze senza veletta della purezza, matrimoni anticonvenzionali, coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay e libere adozioni. Un misto di “conquiste” che per tante di loro non sempre finisce bene. E la lista potrebbe continuare. Percorriamo strade di un mondo nuovo, dove per fortuna non si avverte la percezione che vada in un’unica direzione, verso un anticonformismo assoluto ed appiattito su distorsioni di fatti e di pensiero ed anomalie fisiologiche ed esistenziali. Noi siamo connotati da quest’altra parte della barricata , dove c’è una società più a portata dei nostri valori ed ideali di vita in cui ci fa piacere constatare, almeno per ciò che ci riguarda, che gli sposi naturalmente, storicamente e tradizionalmente, sono un uomo ed una donna con gli abiti belli del rito di sempre: la donna con l’abito bianco e velo a strascico e l’uomo con l’abito scuro che realizzano insieme il primo grande sogno della propria vita con l’altare, la chiesa, i fiori d’arancio, gli immancabili confetti non più raccolti per terra da ragazzi discoli ed intraprendenti, il sacerdote ed il suo sermone, gli anelli, la benedizione, il servizio filmato e fotografico da set cinematografico con l’immancabile Drone gli invitati, la location di grido per il festino, la festa nuziale finale con tanti, tanti invitati. Quindi mettendo al confronto i due modi di convolare a nozze, quello di 60 anni fa e quello dell’era corrente, vincono la ricchezza, il colore, le idee, il fascino e tutto il movimento dell’apparato organizzativo che ruota con i comprimari compresi intorno alla celebrazione di un matrimonio d’oggi col rito civile prima e religioso dopo, che a buona ragione, considerato l’impegno che occorre e quello che può costare in euro, non è affatto uno…scherzo.
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