QUELLA ROCCIA DI TRECENTO MILA ANNI FA SU CUI NACQUE DOPO IL CASTELLO D’ISCHIA

Servizio di MICHELE LUBRANO

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Servizio di MICHELE LUBRANO

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La storia è una, ma chi ne tramanda i dati, la manipola, la interpreta, spesso trasmette ai posteri notizie, concentrati che i più puntigliosi ed esigenti per “amore della storia” seria vanno a verificare, consultano antichi scritti, pergamene e quant’altro. Sull’esistenza del Castello d’Ischia e sulla vita di Aenaria Sommersa di cui in questo Speciale ci occupiamo, ci sentiamo di offrire al lettore dati storici, sia pur differenti, ma interessanti abbastanza per accettarli. Il Castello Aragonese è una fortificazione che sorge su un’isola tidale di roccia trachitica posto sul versante orientale dell’isola d’Ischia, collegato per mezzo di un ponte in muratura lungo 220 m all’antico Borgo di Celsa, oggi conosciuto come Ischia Ponte. L’isolotto su cui è stato edificato il Castello deriva da un’eruzione sinattica avvenuta oltre 300.000 anni fa. Raggiunge un’altezza di 113 metri sul livello del mare e ricopre una superficie di circa 56 000 m². Geologicamente è una bolla di magma che si è andata consolidando nel corso di fenomeni eruttivi e viene definita “cupola di ristagno”. Altri storici danno la seguente versione: tra il 130 e il 150 d. C. una terribile eruzione vulcanica distrusse l’antica Aenaria e la fece sprofondare nel mare. Lo sprofondamento avrebbe causato il distacco dell’isolotto-castello dall’isola madre. S. Gregorio Magno in una lettera del 598 parla non di una, ma di due isole. Più tardi, con l’incremento dell’abitato sull’isolotto-Castello, il toponimo Insula si rivelò incompleto e fu necessaria l’aggiunta di Major (Insula Major) in contrapposizione al Castrum o Insula minor. Il Castello dall’VIII al IX secolo divenne una vera e propria fortezza. Il nome Iscla compare per la prima volta in una lettera di Leone III con la quale comunica all’imperatore Carlo Magno le incursioni fatte dai Mauri e le gravi sofferenze patite dalla popolazione nelle isole di Lampedusa, Ponza e Ischia. Quindi “Ischia” deriverebbe dal latino “insula” attraverso la forma intermedia Iscla: «ingressi sunt in insulam quae dicitur Iscla maiore, non longe a Neapolitana urbe» (giunsero sull’isola che è detta “Ischia maggiore”, non lontano dalla città di Napoli). Molti documenti medievali, a partire dall’anno 1036, fanno riferimento al Castrum Gironis, il Castello costruito sulla sommità dell’isolotto dove sorgeva “una città chiusa da un cerchio di mura”, il Girone appunto. Al Castello si accede attraverso un traforo, scavato nella roccia e voluto verso la metà del Quattrocento da Alfonso V d’Aragona. Prima di allora l’accesso era possibile solo via mare attraverso una scala situata sul lato nord dell’isolotto dal lato di Vivara. Il traforo è lungo 400 metri e il percorso è illuminato da alti lucernari che al tempo, fungevano anche da “piombatoi” attraverso i quali si lasciava cadere olio bollente, pietre e altri materiali sugli eventuali nemici. Il tratto successivo è una mulattiera che si snoda in salita all’aperto e conduce fino alla sommità dell’isola. Da questa strada si diramano sentieri minori che portano ai vari edifici e giardini. Dagli anni settanta del novecento è anche in funzione un ascensore, il cui percorso è ricavato nella roccia e che raggiunge i 60 metri sul livello del mare.

23/06/2017 · Ischia e la storia