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I PROGRESSI DISCUTIBILI DI ISCHIA PONTE E LO STORICO PONTE ARAGONESE DEL 1441 CHE CONTINUIA A CADERE A PEZZI

15 giugno scorso è scaduto, salvo possibili proroghe, il tanto atteso e cliccatissimo “Concorso internazionale di idee per la valorizzazione urbanistica ed architettonica del Borgo di Ischia Ponte” promosso dal Consorzio Borgo Ischia Ponte e con il patrocinio del Comune di Ischia, dell’Ordine degli Architetti di Napoli e della Facoltà Architettura Università Federico II di Napoli. Questo Concorso mira al recupero dell’autenticità del Borgo attraverso il ripristino di forme e funzioni perdute.

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DI ANTONIO LUBRANO

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Buona la prima, meglio la seconda. L’optimum dovrebbe registrarsi per la terza. Per chi non l’avesse capito, ci stiamo riferendo ai festosi e promozionali “Venerdì al Borgo” con la direzione artistica di Tony Romano, che riprendono domani dopo le due prime “esperienze” o “Episodi” come li definisce l’ organizzazione, vissuti nei precedenti Venerdì ormai consacrati al gaudio popolare ischiapontese e non solo. Insomma tanti venerdì col “Borgo in Festa” dove gruppi musicali e DJ professionisti coordinati da Paolo Roja e i suoi Personal, propongono brani di musica per tutti i gusti, con postazioni dislocate per tutta Ischia Ponte, da via Seminario fino al piazzale aragonese, compresi il largo convento e la piazzetta di Boccia. Dove altresì, nel clima di festa i visitatori tra isolani e turisti, possono degustare le specialità tipiche del territorio. Dove inoltre potrà essere ammirata una straordinaria vetrina di manufatti artigianali, ceramiche, souvenir, abbigliamento, accessori moda, gioielli da scegliere in tutta qualità. Dove in fine, per studiata comodità la zona sarà interamente isola pedonale con stop completo motori dalle 21,00 fino mezzanotte, per facilitare con serenità il passaggio, la sosta e l’intrattenimento del pubblico. Al parcheggio gratuito di Fondobosso, per la particolare occasione, è stato istituito un servizio navette per turisti e residenti provenienti anche dagli altri comuni dell’ìsola, sempre gratuito che trasporteranno quanti vorranno vivere il clima festoso del Borgo, fino all’ingresso di Ischia Ponte. Per i soli residenti ischitani la navetta gratis rientra in servizio anche il giorno dopo, ossia sabato mattina dalla 7,00 fino alle 9,00. Domani sera le postazioni musicali dislocate lungo tutto il Centro Storico saranno sei e vedranno alla ribalta i complessi “Personal” con Rossella Arcamone, Paolo Roja, Gennaro Di Meglio, Stefano Zabatta e Tony Mendella; i “Rio Bel Rio 4et” con Alexandra Serebryakova, Luigi Elia, Luigi Polito e Franco Napolano; i “Personality Duo” con Valentina Senese e Gino Piscopo; i “The Company Store” con Valeria Castagna, Filippo Sgambati, Michelangelo Cannovo, Massimo Mazzella e Salvatore D’Abundo; i “Free Times Trio” con Matteo Di Meglio, Salvatore Boccanfuso e Nicola Di Meglio; le performance di Antonio Pilato, Oscar Pantalone, Alessandra Moscato. Nick Pantalone in partecipazione straordinaria, Annalisa Tramontano, Tony Romano e Anna Carcaterra. Esibizioni de “La Scuola del Folklore” e delle ragazze della Boutique “Alex Miru” che sfileranno per il Borgo con le creazioni di Sasha. Naturalmente, non può essere solo questo il punto di partenza per costruire il sogno della rinascita per Ischia Ponte, Occorre dell’altro, che dia una impronta più marcata al disegno di crescita strutturale, sociale, commerciale, culturale e turistica del paese. Il 15 giugno scorso è scaduto, salvo possibili proroghe, il tanto atteso e cliccatissimo “Concorso internazionale di idee per la valorizzazione urbanistica ed architettonica del Borgo di Ischia Ponte” promosso dal Consorzio Borgo Ischia Ponte e con il patrocinio del Comune di Ischia, dell’Ordine degli Architetti di Napoli e della Facoltà Architettura Università Federico II di Napoli. Questo Concorso mira al recupero dell’autenticità del Borgo attraverso il ripristino di forme e funzioni perdute e la proposizione di contributi contemporanei che ne esaltino le qualità e potenzialità. In pratica esso prevede: Progettazione di un edificio che occupi l’area degli attuali uffici INPS allo Stradone (di cui è prevista la demolizione) e che faccia da cerniera tra la Via Luigi Mazzella (corso principale del Borgo) e il Lungomare Alfonso Il Magnanimo, riqualificazione del lungomare “Alfonso Il Magnanimo”, compreso il Piazzale Aragonese e relativo pontile”. Studio della connessione architettonica e funzionale tra il costruendo parcheggio della “Siena” e le aree investite dal concorso, anche mediante la definizione degli arredi urbani, delle pavimentazioni, dell’illuminazione e di quanto possa contribuire, in maniera coerente e uniforme, a migliorare il decoro e l’immagine del Borgo di Ischia Ponte ed infine la riqualificazione divenuta priorità viste le condizione fatiscenti in cui versa da alcuni anni, del ponte aragonese che collega il piazzale con il Castello e quindi suo restauro, essendo bene pubblico e storico, la cui costruzione risale al 1441. La gente, pur apprezzando le iniziative di festa e di attrazione per tirar fuori Ischia Ponte dalle secche dell’anonimato relegata fino a qualche tempo fa, si aspetta che si operi soprattutto su queste tematiche forti senza dover ricorrere alla protesta di piazza per ottenere ciò che è sacrosanto del popolo che paga le tasse. Ischia dall’11 giugno ha un sindaco nuovo nella persone del dott. Enzo Ferrandino ed un consiglio comunale altrettanto nuovo, ma non ha ancora la Giunta, ossia quell’esecutivo tanto atteso che dovrà rimettere in moto la macchina amministrativa del Capoluogo isolano. Si discute e ci si azzuffa fra gli eletti e non, per ciò che meglio conviene. In un clima di politica improvvisata si tira a campare lo stesso. I venerdì di festa a Ischia Ponte proseguiranno indisturbati, la Festa a Mare agli Scogli di Sant’Anna ha il suo nuovo regista nella persona di Cenzino Di Meglio, Don Carlo ha già preparato i programmi di festa per l’Assunta e San Govan Giuseppe ed infine Cristina e Nicola domani presenteranno ufficialmente il primo vino prodotto nel vitigno del Castello. E’ proprio il caso di dire: La storia siamo noi.
antoniolubrano1941@gmail-com

07/07/2017 · L'EDITORIALE

ISCHIA PONTE UNITA E IN FESTA ACCAREZZA IL SOGNO DELLA RINASCITA D’ATTRAZIONE –  LUCI ACCESE E MUSICHE PER STRADA QUESTA SERA AL SECONDO “VENERDI’ DEL BORGO”

TURISTI IN FILA PER AENARIA SOMMERSA, L’ ISCHIA FILM FESTIVAL SUL CASTELLO, FESTE E MOSTRE ALLA TORRE DI MICHELANGELO, GRUPPI MUSICALI E ARTISTI DA STRADA PER L’INTERO CORSO DEL CENTRO STORICO

Estate piena e ricca per l’antico Borgo di Celsa che con una serie di iniziative mirate di promozione turistica e di festa popolare tiene viva l’attenzione dei turisti in cerca di nuove emozioni. Primi segnali per una nuova Festa a Mare agli scogli di S’Anna “inaugurata” dal nuovo Sindaco d’Ischia Enzo Ferrandino. Attesa per le novità. Il valore aggiunto di Aenaria Sommerse e i tanti “pescatori” della zona che negli ultimi tempi sono diventati collaboratori subacquei degli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli impegnati a riportare alla luce la storia millenaria della città sommersa. Un mondo sotto il mare di Ischia che ha conquistato anche il quotidiano britannico “The Indipendent”

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 Servizio di ANTONIO LUBRANO

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Fotografie di ANTONIO DI MEGLIO

Ischia Ponte, da un po’ di tempo a questa parte, sta vivendo il sogno della rinascita che si è sempre prefigurato. Il Castello Aragonese rilanciato e curato dai suoi proprietari al passo con i tempi, la Torre di Michelangelo in attività culturale e sociale, i “Venerdì del Borgo” appena iniziati e ideati per rivitalizzare l’intero contesto ambientale già animato dalle nuove iniziative commerciali e turistiche in atto, l’Ischia Film Festval di Michelangelo Messina fra il Castello ed il Borgo, ed in fine Aenaria Sommersa con la sua sede di rappresentanza e dimostrazione storico archeologica nel cuore dell’antica Ischia Ponte, rappresentano nel loro insieme il peculiare carico patrimoniale messo in campo dalle organizzazioni mirate di sviluppo e rilancio di Ischia Ponte oggi sulla bocca di tutti per le particolari attenzioni che riceve da ogni parte. In prima fila, prima di tutti si colloca con rinnovate responsabilità il Comune d’Ischia che si è reso conto che il Centro Storico di Ischia Ponte e il Porto d’Ischia con le sue banchine di uso pubblico, sono le priorità da seguire fino alla soluzione definitiva delle loro deficienze evidenti (pontile aragonese e banchina di Portosalvo), denunciate e lasciate ancora irrisolte. Il nuovo sindaco Enzo Ferrandino e la nuova giunta che verrà, sono chiamati a farsi carico di queste realtà in sospeso che una volte sistemate, stanno alla base della conquista sociale che si vuol perseguire per la realizzazione di quel sogno di rinascita che specie a Ischia Ponte si crede di stare a toccare con mano. Domani a Ischia Ponte si riaccendono le luci, torna la musica da strada, si rianima l’intero percorso , da via Seminario fino al piazzale aragonese, per il secondo “Venerdì al Borgo”, felice iniziativa promozionale per attirare a Ischia Ponte, ormai classificato il centro storico più bello e seguito dell’isola, turisti alla ricerca di nuove emozioni e conoscenze di un luogo che esprime con la sua particolare ed intensa architettura, i suoi personaggi, gli episodi, tutta la storia antica dell’isola. Aenaria Sommersa, si può dire, è il valore aggiunto alla ricchezza ambientale dello storico Borgo di Celsa esteso fino al mare di Cartaromana fra il Castello e gli scogli di Sant’Anna con l’antica Torre di Michelagelo
all’origine dei Davalos a fare da puntello dominante alla storia raccontata di quei meravigliosi luogh,i rimasti tali ancora oggi che li celebriamo. Questo valore aggiunto che è per l’appunto Aenaria Sommersa è stato oggetto di discussione e ulteriori studi archeologici in un convegno di tre giorni tenutosi la settimana scorsa proprio nella sua sede di Ischia Ponte, promosso dall’”Associazione Culturale Archeologica” insieme all’Area Marina Protetta” Regno di Nettuno”,“Marevivo”, ” Marina di Sant’Anna”, “Ischiabarche” e “Navigando Verso Aenaria” a straordinaria testimonianza di un bene che non fa altro che arricchire il panorama di bellezze storiche e culturali che la vecchia Ischia Ponte sa di poter offrire al turista visitatore desideroso di volerne sapere e scoprire di più. Ischia Ponte ha a portata di mano un patrimonio storico-archeologico-culturale nascosto di cui solo di recente, se ne sta parlando con intensità e cognizione di causa. A farlo non sono gli ischiapontesi, legittimi depositari a propria insaputa del tesoro “segreto”, ma una Organizzazione operante in loco composta da esperti sub, archeologi sotto marni e studiosi della materia, identificabile nell’Associazione Marina di S. Anna, nell’Associazione Archeologica e nel Consorzio Ischia Ponte. Sigle che conducono ad un unico progetto di portata storico-ambientale, in cui ciascun organismo vanta un suo ruolo individuale attivo. Pare però che i soli cittadini di Ischia Ponte, sotto l’ala protettrice ( ? ) del Consorzio, sono stati o si sentono tagliati fuori da tutte le fasi dell’importante operazione che riguarda la scoperta della propria storia sommersa, di quella che fu la vita in frammenti dell’antica Aenaria, con testimonianze archeologiche dirette di lastricati, opere murarie, oggettistica in ceramica di svariate forme e dimensioni e da ultima del ritrovamento recentissimo di un’ancora dell’era romana. La quale ancora è comparsa tra la sabbia dei fondali, complice l’ultima sciroccata, appena all’esterno dell’area archeologica della baia di Cartaromana, a Ischia. E i ragazzi della Marina di Sant’Anna, che da sette anni si occupano, con la regia della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei – del recupero dei reperti della città sommersa di Aenaria, quasi non credevano ai propri occhi. Quindi l’ultimo, sorprendente ritrovamento nel mare che bagna Ischia è il ceppo in piombo di un’ancora romana: la punta di una marra ha catturato l’attenzione di uno degli operatori, Gaetano Lauro. Scoprirla e portarla a galla è stato complesso ed emozionante, come mostra un video di “Navigando verso Aenaria”. Che parte ha Ischia Ponte di fronte a tutto questo ? La nuova sede da poco inaugurata in Via San Giovan Giuseppe della Croce dove è possibile, a pagamento (le scuole pagano) vedere i filmati, per la verità interessantissimi, di Aenaria Sommersa realizzati nelle operazioni di scavo e di ricerca, non è sufficiente per vedere coinvolto tutto l’antico Borgo di Celsa in prima persona attraverso almeno un gruppo di suoi rappresentanti in grado di promuovere iniziative mirate,
affinchè Ischia Ponte e la sua gente insieme possano trarre i benefici auspicati. Senza dubbio suggestiva e misteriosa, è la città antica di Aenaria che tra il 130 e il 150 d.C venne completamente sommersa a causa di una calamità naturale. La città, che affaccia nel cuore della baia di Cartaromana ad Ischia, venne scoperta soltanto nel 1972 da due subaquei ischitani, Rosario D’Ambra e Pierino Boffelli, che durante l’immersione vennero a conoscenza di alcuni reperti sommersi che subito sottoposero all’attenzione del sacerdote archeologo di Lacco Ameno Don Pietro Monti. Recuperare la città portuale da metri e metri di profondità è impossibile, ma da qualche anno è nato un progetto che ha l’obiettivo di riqualificare e valorizzare l’area con alcune visite guidate che conducono i visitatori alla scoperta della zona archeologica sommersa. A bordo di una barca con fondale a vetri è infatti possibile intravedere i resti della città. Un mondo sommerso che ha conquistato anche il quotidiano britannico “The Indipendent”. L’inviato Michael Day è stato rapito dalla storia dell’antica Aenaria, ma anche dai tanti “pescatori” della baia. Questi negli ultimi tempi sono diventati collaboratori subacquei degli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli impegnati a riportare alla luce la storia millenaria della città sommersa.

                                                                                                                                                                                                                    antoniolubrano1941@gmail.com

23/06/2017 · L'EDITORIALE

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GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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Il Servizio Speciale

dal Ciglio di Serrara

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GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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LA PESCA DELLA PASSIONE SENZA TEMPO FRA GLI SCOGLI DELL’ISOLA

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   Di pescatori di polipi alla” Rienzo” ed alla “Giacomettiello” non se ne vedono più in giro. Quei pochi privati appassionati di questo tipo di pesca, lo praticano con la classica “purpara” da un molo o seduti si di uno scoglio. Al mattino al mercato all’aperto sulle barche di Ischia Ponte ed a quello di Lacco Ameno, I polipi arrivano catturati con altre attrezzature più sofisticate e sicure. In proposito bisogna dire che Il polipo o polpo è uno degli animali marini più furbo al mondo ma, nonostante ciò, sono nate a suo discapito altre e particolari tecniche di pesca specifiche per catturarlo. Per la cucina va molto considerato quel liquido ad inchiostro a difesa del polipo, esso è impiegato spesso nei ristoranti per un magnifico piatto di spaghetti al sugo nero. E’ l’ultima delizia nascosta di questo pesce della famiglia dei molluschi non secondo agli altri di specie diverse e di provata qualità.

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Di ANTONIO LUBRANO

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                             RIENZO IL VECCHIO PESCATORE ISCHITANO DI POLIPI

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                         GIACOMETTIELLO CIGLIANO                             

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I buoni ricordi dell’antica pesca dei polipi a Ischia, risalgono alla fine dell’’800, tanto per non andare troppo lontano nel tempo, con uno storico pescatore dei preziosi molluschi, quel Lorenzo Mellusi che nel Borgo di Celsa tutti chiamavano Rienzo. Suo nonno, anch’ egli di nome Lorenzo e quindi Rienzo, era il pescatore di origini della famiglia Mellusi, padre di 10 figli quasi tutti dediti al lavoro della terra tra Soronzano e Campagnano e soprattutto produttori chi di vino da esportazione, e chi di frutta e ortaggi portati per la vendita ai vari mercati ortofrutticolo di Ischia, Casamicciola e Forio. Nonno Rienzo era considerato dai suoi colleghi e dalla gente del Borgo, il pescatore di polipi e di altri pesci, più esperto operante nella Baia di Cartaromana fra il Castello Aragonese, gli scogli di S. Anna e la Punta della Pisciazza. Solo qualche santangiolese forse lo affiancava, ma mai lo superava. Possedeva un gozzo di 5 metri circa di colore grigio chiaro con l’intera e spessa bordatura, da poppa a prua, tutta rossa, un capace tridente chiamato in gergo ”lanzaturo” e un “secchio” di rovere con il fondo a specchio per scrutare il fondale marino. Attrezzature semplici ma fondamentali in dotazione, per uscire in mare e per andare incontro a polipi, seppie ed altro tipo di pesce a tiro, e fare buona pesca tutti i giorni, per la quale si sentiva specializzato. Rienzo junior, più conosciuto di ultima memoria, sulla scia di suo nonno, si seppe conquistare maggiore popolarità facendo suoi, in lungo ed in largo, i tratti di mare, specie sotto costa, che furono battuti dal vecchio congiunto, avendo per base di approdo e partenza la vecchia spiaggetta della Corteglia, alla estremità dell’attuale Piazzale delle Alghe a Ischia Ponte. Rienzo, personaggio dal fisico minuto ed incallito con immancabile pipa accesa in bocca e copricapo d’epoca paesana in testa, il suo gozzo con gli attrezzi per la pesca simili a quelli di suo nonno, lo aveva solitamente ancorato ad un largo scoglio davanti alla detta spiaggetta. Quello scoglio chiamato “ ‘A Prete ‘e Rienz” esiste ancora ed è lo stesso sul quale si appoggia il molo dei barcaioli che trasportano oggi i turisti a Cartaromana e ad altri luoghi della zona fino a San Pncrazio, e volendo fino ai Marionti. Lo storico scoglio è stato menzionato in alcune guide e libri su Ischia dal Mirabella (1953), dal Cervera (1957) e dal sottoscritto (1964) in una poesia pubblicata sulla rivista Dialetti D’Italia. Rienzo per la pesca dei polipi oltre al “ lanzaturo” ed allo specchio per avvistarli, faceva uso anche delle langelle di terracotta sistemate lungo una corda in filiera di 20, 30 esemplari e calate al largo su fondali sconnessi con presenza di alghe e scogli sommersi. Questo tipo di pesca al polipo da langella, era praticato dai nostri pescatori fino a qualche tempo. Oggi non lo si usa più, perchè metodi più sbrigativi e moderni ne hanno facilitato la cattura. A Rienzo, nell’antico Borgo di Ischia Ponte dopo, col passar di molti anni, è succeduto un altro storico pescatore che gli assomigliava tanto. Si chiamava Giacomettiello vissuto fino agli anni ‘60, al secolo Giacomo Cigliano, anch’egli con buona prole e pescatore di polipi imbattibile lungo gli scogli del golfo aragonese tra il Castello e Cartaromana degli anni ’40 e ‘50. Giacomettiello ha pescato polipi di tutte le dimensioni entro certe misure naturalmente, per una vita intera. Sapeva scovarli di notte con la luce della propria vecchia lampara, li avvistatva e li “lanzava” con maestria e cinismo. Giacomettiello è stato “grande” nel suo mestiere che lo praticava con estrema passione. I suoi “concorrenti “ in zona, nonostante fossero attrezzati fino ai denti, non sono mai riusciti a tenergli testa. La sua pesca del polipo ed altro tipo di pesce era sempre la più continua ed abbondante. Oggi è tutt’altra storia. Di Pescatori di polipi alla Rienzo ed alla Giacomettiello non se ne vedono in giro. Quei pochi privati appassionati di questo tipo di pesca, lo praticano con la classica “purpara” da un molo o seduti su di uno scoglio. Al mattino al mercato all’aperto sulle barche di Ischia Ponte ed a quello di Lacco Ameno, arrivano catturati con altre attrezzature più sofisticate e sicure. In proposito bisogna dire che Il polipo è uno degli animali marini più furbi al mondo ma, nonostante ciò, sono nate a suo discapito altre tecniche di pesca specifiche per catturare il polipo. Si può pescare : dalla riva ,dagli scogli , o dalla barca. Per pescare il polipo dalla barca occorre :una lenza spessa dello 0.80 o una corda di colore bianco (circa 100 metri) una “purpara”, uno straccio (o un sacchetto) possibilmente bianco, un piombo (il peso si sceglie in base alla corrente),una girella, e a scelta una zampa di gallina o un pesce morto o un granchio morto. Il polipo può essere cucinato alla Luciana, in casseruola, affogato, all’insalata, ecc. C’è da leccarsi i baffi, per chi li porta.

                                                                                                                                                                                             antoniolubrano1941@gmail.com

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POLIPI DI SCOGLIO

LANGELLE PER LA PESCA DEI POLIPI

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25/08/2016 · L'EDITORIALE

 STORICA BARCA ADDOBBATA GLORIA DI S.ANNA OPERA DI VINCENZO FUN ICELLO DEL 1956

 UN POOL DI DONNE PER UNA FESTA TRA L’ANTICO E IL MODERNO

  Maria Grazia Nicotra direttore artistico, Antonella Buono autrice del logo e Annacarla Tredici addetto stampa le tre “Eroine” della Festa a Mare agli Scogli di S.Anna,.che secondo il giusto messaggio della riconfermata Maria Grazia “E’ la Festa di tutti”.  Ridato spessore e valore al classico “ruoto”di melanzane alla parmigiana,  al trafficato tegame di terracotta con l’arrosolato coniglio alla cacciatora, alla capiente  cofana ricolma di melone rossofuoco, alla damigiana di vino fresco delle terre di Piano Liguori e Campagnano. La cena a mare di fronte alle quattro  barche addobbare che sfilano, per gli ischitani di ieri e di oggi, è come un rito sacro di una propria identità da rispettare e difendere. La madrina della Sant’Anna 2016 sarà domani sera l’attrice e cantante napoletana Lina Sastri – La Presidenza della Giuria affidata a Salvatore Ronga.

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di ANTONIO LUBRANO

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Partiamo dal passato, da quando cioè l’EVI,  l’Ente Autonoma per  la Valorizzazione dell’Isola  d’Ischia, da circa quattro anni si era preso l’incarico di riorganizzare la Festa A Mare agli Scogli di S.Anna, nata nel 1932 e sospesa nel ’42 per il mondo che entrava in guerra compresa l’Italia. Fra le vsrie barche addobbate presentate in gara in quegli anni, fece fortissima impressione una delle prime barche allegoriche realizzate per la Festa  a Mare dall’artista pittore ischitano Vincenzo Funiciello ritornato da Berlino ove viveva e dove frequentava l’Accademia degli Artisti. Quella barca addobbata presentata nella edizione del 1956 si chiamava “La Gloria di Sant’Anna”  in omaggio alla Santa ed allo spirito religioso a cui si ispirava la Festa. In pratica la barca del Funiciello, in tutto il suo effetto scenico voleva essere la simulazione di una processione a mare diretta verso la chiesetta di S.Anna per le preghiere votive alla Santa protettrice delle partorienti. Fu giudicata un capolavoro e vinse naturalmente il primo premio. Fu un vero e proprio trionfo per punteggio e per  consensi entusiasti di un pubblico già allora numerosissimo. La barca addobbata di Funiciello fu subito elevata a simbolo della storia della Festa a Mare agli Scogli di S. Anna dal 1932 a oggi, conserva il primato e  rimane senza possibilità alcuna di prevaricamento, la più bella, la più significativa,  la creazione più ispirata della festa e dei suoi chiari connotati che la contraddistinguono. La barca “La Gloria di S.Anna”  allestita dal mitico Vincenzo Funiciello, si presentava con una grande raggiera illuminata a bordo , al centro della quale,troneggiava  la figura vivente al naturale della Santa impersonificata da una bella ragazza del Borgo, Rosanna Di Massa ,oggi mamma e nonna felice con lo struggente ed indimenticabile ricordo di quella straordinaria esperienza di tanti anni fa. Nella barca, che era un lungo gozzo col motore entrobordo di quelli che usavano i pescatori della Mandra per tipi di pesca più in alto mare, prendevano posto alcuni “canonici” del  Capitolo Cattederale, l’uomo con lo stendardo a bandiera con i fiocchi, il  “parroco” con l’incenso e l’incensiere, un nutrito gruppo di fedeli e  tre musici, il fisarmonicista Salvatore Mascolo, il violinista Bartiluccio Carcaterra e il chitarrista Giovanni Mazzella il barbiere, che suonavano la canzoncina religiosa cantata dal coro di bordo “Noi  Voglian Dio…” . La barca era trainata da tre spettacolari cigni bianchi in mare guidati da una ragazza in costume d’epoca e da un angioletto (nostro fratello Giovan Giuseppe e nostra sorella Maria). Vincenzo Funiciello è stato il creatore di barche addobbate nella storia della Festa, che meglio e più degli altri riusciva ad entusiasmare la folla assiepata sugli scogli, lungo il ponte aragonese e sul muraglione delle alghe, sui gozzi privati, in barche di nuova fattura e su motobarche pubbliche ancorate nella baia, ai margini del percorso dove sfilavano le barche allegoriche in gara. Vincenzo Funiciello vinse sette primi premi con capolavori di barche addobbate che nessuno riuscì ad eguagliare in bellezza, spettacolarità ed armonia. Un primato che resiste ancora, nonostante gli attacchi seri che in tempi diversi gli mossero altri due giganti della Festa del passato, gli altrettanto mitici Nerone e Andrea Di Massa. Un’altro aspetto della festa a Mare agli Scogli di Sant’Anna che ha  appassionato da sempre  gli ischitani ed ha contagiato gli stessi turisti che seguono la Festa da anni,  è il senso della “scampagnata” a mare. Il piatto simbolo o meglio il “ruoto” simbolo col suo prelibato contenuto, a cui si ricorre domani  sera, è la parmigiana di melanzane, affiancata da un altro piatto principe, il coniglio alla cacciatora preparato nel classico tegame di terracotta,  a cui, per altro,  si aggiunge il melone rosso fuoco, ossia l’anguria  e il fresco vinello delle terre locali. Lo è naturalmente  anche quest’anno a questa bella festa di Sant’Anna,  per la prima volta nella sua storia, condotta da una donna, l’ischitana doc Maria Grazia Nicotra a cui è stata  affidata, per la seconda  volta consecutiva  la direzione artistica dell’importante evento.  Un menu nella sostanza  perfetto, senza sofisticherie, semplice e gustoso, atteso nella sua particolare realizzazione, per un anno intero, per poi goderlo la sera della ricorrenza di Sant’Anna, ossia domani sera, con la famiglia o col gruppo di amici, in barca, nel placido specchio d’acqua aragonese, fra il Castello, la Torre di Michelangelo, la Chiesetta e gli scogli di Sant’Anna con lo scopo soprattutto, di  festeggiare una giornata non comune, sin dall’imbrunire fino a sera inoltrata, che si ripete puntuale, ogni anno come  un rito sacro a cui solo in pochi non vi prendono parte. Così è stato per il lontano passato, così sarà oggi, nel pieno rispetto di una tradizione più viva che mai. Quindi la Festa in generale,  ha ritrovato l’entusiasmo e la passione del passato, grazie soprattutto alla verve  della sua direttrice artistica, la costumista e scenografa Maria Grazia Nicotra  che vive la Festa con sentimenti fra tradizioni e creazioni del nostro tempo. Negli anni in cui la Festa prese avvio, l’unica motivazione che spingeva la gente del Borgo e delle colline soprastanti di Campagnano, San Domenico, Sant’Antuono, Piano Liguori e della Marina di Villa Bagni al  Porto a parteciparvi, era quella di trascorrere in piena letizia una serata diversa dalle altre, cogliendo il pretesto della Festa organizzata con i soli falò e “lampetelle” sugli scogli in omaggio a Sant’Anna, la protettrice delle partorienti. Infatti alla Festa, la presenza delle donne superava sempre quella degli uomini che pure erano tanti. I quali si sentivano  destinati per lo più a governare i gozzi con cui si usciva in mare ed a servire il succulento pranzo che le donne avevano preparato e sistemato accuratamente in capienti ceste adagiate sul fondo delle imbarcazioni protette dall’umidità serale e da improvvisi accidentali. Gli anni che passano, cambiano la storia e gli uomini, ma non riescono a trascinare nell’oblio le tradizioni per vederle morte e sepolte. Come abbiamo detto sopra, esse resistono, vivono con tutto il vigore e la poesia con cui si accompagnano.  

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26/07/2016 · L'EDITORIALE

“E…STATE CON GESU’ ” L’ULTIMA INVENZIONE DEL PARROCO DEL BORGO

prende il via domani con concerti, mostre, spettacoli, escursioni ricreative, itinerari per far conoscere i luoghi di San Giovan Giuseppe, chiese del Borgo aperte – Sabato 15 luglio si inaugura il ciclo estivo delle feste patronali con la festa della Madonna del Carmine alla Cappella – Nell’agenda gigante di Don Carlo figurano poi , il Palio dedicato all’Assunta a metà agosto, la grande festa di San Giovan Giuseppe per fine agosto, la festa della Bambenella alla Mandra ai primi di settembre e per chiudere la festa dell’Addolorata a metà settembre.

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LA PROCESSIONE DELLA MADONNA DEL CARMINE TRA I VIGNETI DELLA CAPPELLA

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La frenetica attività parrocchiale di Don Carlo Candido nella vasta area di suo dominio pastorale che va da Ischia Ponte centro fino all’Addolorata, passando per la Cappella del Carmine e San Antonio fino alla Bambenella alla Mandra, tiene in stato di allerta costante i commentatori critici del suo largo e proficuo operato, quasi che il nostro fosse l’uomo in tonaca nera da guardare a vista e “sparare” contro di lui ad ogni sua “uscita” che i suoi irriducibili censori non gradiscono e malevolmente prendono di mira. Ma Don Carlo, che noi abbiamo definito in tempi non sospetti, il novello Don Bosco in quel di Ischia Ponte, fila diritto senza dar peso alle “carezze” che gli provengono dalla sua parte avversa. Nemmeno le bordate relative ai recenti fatti di pratiche d’esorcismo lo hanno toccato più di tanto. Segno è che Don Carlo si è rivelato un ottimo stratega anche in fatto di difesa personale oltre che di quella dei suoi parrochiani che si lasciano guidare dal loro parroco a livello spirituale e laico-ricreativo con straordinaria partecipazione ed incondizionata fiducia. Insomma Don Carlo fa il parroco in una fortezza, capace di resistere e quindi respingere ogni tipo di attacco con l’arma della non curanza e se è il caso, del…perdono. Siamo in clima di Giubileo della Misericordia dove ciascuno è chiamato a fare la sua parte secondo il messaggio di Papa Francesco dal Vaticano e del Vescovo Pietro dall’Episcopio di via Seminario. In loco c’è una estate di feste da gestire dove, diciamola tutta, Don Carlo ha la supervisione diretta sui programmi ed i programmatori, nel senso che si procede col comune sentire, fatta salva però l’ultima parola, le decisioni finali che sono di Don Carlo. E così sia. Del resto, se vogliamo, tutto parte dalla fertile fantasia e dal potere decisionale accettato ed accettabile del parroco cosiddetto da prima linea. Inventa, costruisce, invita alla preghiera, allo stare insieme, a vivere gli eventi di festa con gioia, con la vittoria dello spirito. Quest’anno Don Carlo si è inventato “E…state con Gesù” , ovvero, vivere l’estate 2016 nella sana ricreazione del corpo e dell’anima attraverso una carrellata di eventi che partono da oggi e percorrono l’intera buona stagione in compagnia di sole, mare, luna, cielo stellato e tanta, tanta condivisione. Poi le feste patronali sul terreno di sua giurisdizione, per le quali Don Carlo, dopo il malcontento e le polemiche del Marzo scorso, ha parlato chiaro e pressappoco si è espresso così: “ il popolo vuole le feste ? Allora dobbiamo essere tutti d’accordo !”. Così è partita la festa della Madonna del Carmine alla Cappella con il preliminare della intronizzazione delle statue della Madonna e di San Vincenzo in attesa dei festeggiamenti solenni di sabato 16 e domenica 17 luglio dove nel giorno liturgico della Madonna del Carmelo, è previsto un ricco programma di festa con messe nella chiesetta sin dal primo mattino, la supplica a mezzogiorno, lo sparo della diana alle 12.45, Processione delle statue alle 20.30 fino alla Torre di Michelangelo, dove il vescovo Lagnese celebrerà all’aperto la messa solenne con il tradizionale pontificale, in serata inoltrata spettacolo popolare col cabarettista Paolo Caiazzo e Sagra della parmigiana. Per Domenica 17 sarà celebrata la Giornata della Gente di Mare con messe votive per tutta la mattinata, nel tardo pomeriggio la grande processione fino al piazzale aragonese e ritorno, concerto della banda musicale Città di Ischia e spettacolari fuochi pirotecnici finali. Nell’agenda gigante di Don Carlo figurano, il Palio dedicato all’Assunta a metà agosto, la grande festa di San Giovan Giuseppe per fine agosto,la festa della Bambenella alla Mandra ai primi di settembre e per chiudere la festa dell’Addolorata a metà settembre. Tutto secondo gli atti di fede popolare ed il senso della tradizione a cui tutti sono legati. Insomma non mancherà niente. Il popolo legato alla Chiesa e a Don Carlo, gradisce che le feste patronali si facciano, con i fuochi d’artificio, la processione, le campane, le luminarie stradali, magari commentandone anche con spirito critico la tenuta del disegno, le bancarelle, i giochi per ragazzi, perchè le feste con la loro storia, sono patrimonio storico e tradizionale della propria vita passata alla quale tutti si sentono legati più di quanto si pensi. Solo una minoranza di persone è fuori da questa ottica e impreca affichè la si faccia finita. Costoro, essendo affetti da problemi di natura esistenziale, non sopportano i rumori, non reggono all’idea di fare comunione, di stare insieme, non amano il suono delle campane che invece è poesia e richiamo gioioso alla festa e per qualsivoglia cerimonia religiosa nella parrocchia di appartenenza. Insomma li disturbano i campanili, e peggio ancora, se non hanno la fede e si ritengono non credenti, danno fastidio loro sul territorio la sagoma di una chiesa, le croci votive sparse per l’isola, gli avvisi sacri, la bella e rispettabile figura del nostro Vescovo e la presenza in tutte le situazioni, compresa la Festa a Mare agli Scogli di Sant’Anna, dello stesso Don Carlo, protagonista per la verità in ogni dove. Che Don Carlo, dal suo pulpito, predichi, redigga editoriali, lanci giuste accuse ad un certo tipo di società deviata e corrotta per recuperare più possibili pecorelle smarrite, fa benissimo, perché tra l’altro assolve con fedeltà ai dettami del suo ruolo. Ci fa piacere che Don Carlo sia rimasto il battagliero sacerdote di sempre ammirato ed apprezzato nel suo straordinario lavoro di aggregazione e di sana rivoluzione in una parrocchia che fino a qualche anno fa, era anonimamente appiattita su se stessa, senza stimoli e con poca linfa vitale. Ora ci sono la vita, la fede, il piacere di stare insieme, la condivisione. E se tutto questo non è festa, allora cos’è ?
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14/07/2016 · L'EDITORIALE

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GLI APPASSIONATI  ISCHITANI SI GODONO LA FINE DEL PROIBIZIONISMO MARINO

Molti isolani amano andare a ricci di mare appena esplode il caldo estivo come quello di questi giporni . I ricci si fanno trovare belli e pieni  fra le alghe dei bassi fiondali sotto casta. Essi vanno distinti in “buoni”  e “cattivi”: quelli buoni sono colorati e fanno parte della specie delle femmine, mentre i cattivi sono maschi e sono di color nero  – Nei ristoranti ischitani vanno molto di moda gli “spaghetti ai ricci di mare” ricoperti di fresco prezzemolo – Una severa normativa punisce chi ne fa razzia nei mesi non consentiti alla cattura che sono maggio e giugno  Fra gli ischitani che amano pescare i ricci, va citato quello dell’ex calciatore e professore di educazione fisica  Enzo Patalano di Lacco Ameno. E’ considerato il migliore “ricciaiuolo” dell’isola, e soprattutto rispetta le regole.

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Dalì 1° Luglio sull’isola,  chiunque nutre la passione di dedicarsi alla pesca dei ricci di mare lo può fare senza problemi  e quindi senza  il pericolo di incorrere nelle pesanti sanzioni previste dalla legge che vieta la cattura dei ricci di mare nei mesi non contemplati nel regolamento, e  cioè:  maggio  e giugno, ossia fino a oggi a mezzanotte. Pertanto  campo libero per tutta l’estate  di questo 2016 quando nei mesi caldi i ricci del nostro mare e delle nostre coste si avviano a procreare senza limiti, riproducendosi cosìper tutti gli altri mesi dell’anno. Fra  la varietà dei pesci freschissimi, da poche ore prima pescati  dai pescatori  che ogni mattina con le proprie barche,si ancorano alla banchina  del piazzale aragonese ed al vecchio pontile vicino, in quel  di  Ischia Ponte, facendo mercato per numerosi  avventori e curiosi, da domani è possibile che tornano a figurare alcune discrete quantità di ricci  di mare della specie delle femmine che sono commestibili al cento per  cento  con quel  loro colore tra il violaceo, il rosso ed il giallo arancione sullo spinoso involucro. Si tratta di un tipo di riccio che viene catturato nei bassi fondali nascosti  tra le alghe con coppi o dallo strascico di speciali reti. Non tutte le mattine accade, ma quando succede, la loro vendita immediata è assicurata. In tutte le località di mare dover la pesca è florida e frequente, il riccio marino fa la sua parte di riguardo nei vari  punti vendita del pescato.  Il riccio, ben distinto dalla specie maschile di colore nerastro non pescabile,  è presentato come prodotto  ittico non comune, selezionato per essere destinato al particolare cliente conoscitore ed amatore del gustoso e prelibato frutto marino, che ne fa richiesta d’acquisto.  Nei mesi consentiti dell’anno ad accaparrarseli con molto interesse sono i ristoratori dell’isola, specie quelli della Riva Destra sul Porto d’Ischia, di Ischia Ponte e di Forio sulla Marina ed a Sant’Angelo, perché nei loro già ricchi menu hanno bene in evidenza  un piatto ormai assai richiesto dalla clientela che ama mangiar bene, gli “spaghetti ai ricci di mare” che preparati  da chi ai fornelli sa il fatto suo, sono una vera delizia. Quindi i ricci di mare oltre ad essere una “sfizioseria” quando si mangiano crudi, con spremuta di limone, seduti su di un angolo di scoglio con i piedi a mollo, nella bellezza di un  mare che ti fa sognare mille altre “evasioni”, essi  rappresentano  un’altra ricchezza della  nostra riserva marina, sfruttata al meglio nella ristorazione locale e nelle cene private fra commensali  che sanno riconoscere la bontà e la raffinatezza di gusto del frutto di un riccio delicatamente deposto in padella sopra una fiamma lenta  tra accenni di pomodorini  e filo d’olio extravergine. L’isola,  per questo,  ha la sua  ricetta degli spaghetti ai ricci di mare all’ischitana con i seguenti ingredienti: 500 gr. di spaghetti, 100 ricci di mare, 5 spicchi di aglio,  50 gr. di prezzemolo, peperoncino, olio d’oliva extravergine. Il procedimento per la realizzazione del piatto è il seguente:  Aprire i ricci di mare, togliere con un cucchiaino le uova dal concavo del riccio e metterle in piatto capiente.  A parte tritare il prezzemolo e in una padella in stile cinese, far imbiondire l’aglio e il peperoncino nell’olio d’oliva extravergine. Dopo alcuni minuti togliere l’aglio. Cuocere gli spaghetti al dente in abbondante acqua salata. Scolarli e far saltare nella padella con l’olio e le uova di riccio. Prima di servire cospargere gli spaghetti fumanti ai ricci di mare,  di prezzemolo fresco tritato e inumidito. Fra i ristoratori ischiatni che si distinguono per lo spaghetto ai ricci di mare va segnalato Gioacchino Di Scala del Ristorante Dai Tu sulla famosa spiaggia del Lido a Ischia. Nelle case dei pescatori ischitani e di coloro che li pescano per diletto, i ricci crudi ma anche i ricci preparati con la pasta sono stati per il passato meno florido, un piatto semplice e sbrigativo in mancanza di meglio. E così dall’ingegno delle massaie di Sant’Angelo, e soprattutto di Ischia Ponte è nato uno dei primi piatti più ricercati della tavola isolana, richiestissimo nei nostri ristoranti come anche quelli sulla spiaggia dei Maronti e nelle altre località in riva a mare specie nella bella stagione. Oggi che il riccio di mare è protetto, questo piatto è diventato ancora più “prezioso”. La polpa di riccio di mare è una vera leccornia, di un colore arancione tenue, densa, pastosa. I palati amanti del sapore tipicamente marino, di sicuro l’apprezzano in tutte le sue varietà: a crudo e anche nelle insalate e sui crostini  inumiditi nel  gustoso sughetto di supporto. Dicevamo che sull’isola di Ischia si  possono gustare i ricci di mare nei migliori ristoranti, e proprio sulla Riva Destra sul Porto s’Ischia  ve ne sono alcuni  che espongono fuori quelle tipiche “ spaselle di legno “ con i pesci freschi, i frutti di mare, ed  ricci dai loro tipici colori rossastro e bluastri. Il piacere di pescare i ricci di mare non è solo appannaggio dei pescatori professionisti, ma lo è anche di tanti appassionati  della pesca dilettantistica che spesso raccolgono  ricci senza controllo. Se proprio dobbiamo fare un nome fra gli ischitani che amano pescare i ricci, va citato quello dell’ex calciatore e professore di educazione fisica  Enzo Patalano di Lacco Ameno. E’considerato  il migliore “ricciaiuolo” dell’isola, e soprattutto rispetta le regole. Come abbiamo annotato sopra, c’è una normativa che tutti sono tenuti a rispettare. Infatti   la pesca sportiva del riccio di mare è disciplinata dal D.M. 12/01/1995, che prescrive che la stessa vada effettuata esclusivamente in apnea, senza bombole.  Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente più di cinquanta esemplari. La pesca professionale e sportiva del riccio di mare è vietata nei mesi di maggio e giugno. La taglia minima di cattura del riccio di mare non può essere inferiore a 7 centimetri di diametro totale compresi  gli aculei. Pescare ricci di mare di mare in quantità  superiore  a quelle autorizzate, la sanzione amministrativa  è da € 1.000,00 a € 3.000,00 – D.LGS.04/2012 – ART.11 – c.4 e art. 12; Legge 689/81 – ARTT. 13 e 20 (sportiva-ricreativa). Pagamento in misura ridotta pari a € 1.000,00. Sequestro degli attrezzi e del pescato, il pescato viene rigettato in acqua se ancora vitale.

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07/07/2016 · L'EDITORIALE

PRIMO STOP A MARZO SCORSO, ORA SI TEME LA REPLICA

A Ischia fuochi pirotecnici e suono delle campane, il “tormento” degli insofferenti, dei miscredenti e degli antitradizionalisti – Il popolare parroco della Chiesa dello Spirito Santo a Ischia Ponte per ora schierato dalla loro parte – Il Comitato non si pronuncia ancora – il silenzio del Vescovo Lagnese – intanto fervono a Lacco Ameno i preparativi per i festeggiamenti di Santa Restituta del 17 maggio prossimo con luminarie stradali, fuochi pirotecnici e bancarelle – lo stesso stanno programmando a Forio per la festa patronale di San Vito del 15 giugno.

Per Don Carlo la sfida è aperta: per la festa del Patrono zero sfarzi, zero opulenza, zero fuochi pirotecnici, zero luminarie. Niente di più sbagliato.

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DI ANTONIO LUBRANO

Foto di Giovan Giuseppe Lubrano

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SAN GIOVAN GIUISEPPE IN UNA COMPOSIZIONE DI MARCELLO IACONO

SPETTACOLARI FUOCHI CON AVVINCENTE SOTTOFONDO MUSICALE ALLA FESTA DELLO SCORSO ANNO

Don Carlo Candido, parroco a tutto campo della chiesa-Santuario dello Spirito Santo a Ischia Ponte, dalle colonne di uno degli ultimi Kaire, l’ottimo settimanale della Diocesi di Ischia, diretto dal bravo Lorenzo Russo, con una prima, discutibile e personale presa di posizione, ha sparato a zero sulle feste patronali, rinnegando un passato ricco di iniziative popolari e tradizionali, e manco a dirlo, favorendo l’abolizione dei festeggiamenti esterni relativi alla scorsa ricorrenza del 5 marzo in cui da sempre si festeggia il Santo concittadino San Giovan Giuseppe della Croce nel giorno della sua scomparsa (Napoli 5 marzo 1734).Per i festeggiamenti di fine agosto-inizio settembre prossimo si teme la replica. Don Carlo col suo inedito atteggiamento, a dire il vero, ha sorpreso un pò tutti; Lui che fino al giorno prima della inaspettata sparata mediatica era considerato nel paese e nella Diocesi il prete “festaiolo” per eccellenza, per tutto quanto riusciva, con evidente ed apprezzabile successo, ad organizzare dentro ed in appendice ad ogni evento religioso, vecchio e nuovo, anche di matrice laica programmato nella vasta area parrocchiale di suo dominio sacerdotale e spirituale, estesa alle chiese della Madonna del Carmine, a Sant’Antonio, alla Addolorata, alla Bambenella alla Mandra ed alla secolare chiesetta si Sant’Anna. Feste di riferimento a tutto spiano, con massiccia partecipazione di popolo fedele, contento ed animato da un manifesto senso di gratidudine verso il proprio parroco che li faceva gioire tanto, con il positivo risultato di una fede rafforzata ed una tradizione felicemente rivissuta, rispettata, difesa e conservata. Cosa ha provocato l’improvviso ed ingiustificato cambio di passo del popolare Don Carlo nel suo feudo, tra i suoi parrocchiani, dove in pochi anni è riuscito ad instaurare, specie fra i giovani un sorprendente clima di condivisione e di aggregazione ? Cosa è successo per non gradire più fuochi d’artificio, luminarie stradali e quant’altro che nella stragrande maggioranza degli ischitani hanno sempre lasciato evidenti segni di piena soddisfazione ed appagamento dello spirito ? Don Carlo Candido in pratica, ha motivato con tesi non convincenti che si era “stufato” di sentire “bestemmie”, “litigi” e registrare “insofferenze” di alcuni nei confronti della festa e del Santo Concittadino, che secondo lo stesso Don Carlo, va invece da oggi lodato e venerato soltanto in chiesa, unico luogo sacro dove la preghiera può avere efficacia autentica. Se è vero come è vero che la tradizione osservata aiuta la fede professata, è anche vero che Don Carlo, nel caso specifico, ha smarrito la strada della comprensione e della presa d’atto che il popolo, quello che lo segue, gradisce che la festa patronale si faccia, con i fuochi d’artificio, la processione, le campane, le luminarie stradali, magari commentandone anche con spirito critico la tenuta del disegno, le bancarelle, i giochi per ragazzi, perchè la festa in discussione e la sua storia , sono patrimonio storico e tradizionale della propria vita passata alla quale tutti si sentono legati più di quanto si pensi. Solo una minoranza di persone è fuori da questa ottica e impreca affichè la si faccia finita. Costoro, essendo affetti da problemi di natura esistenziale, non sopportano i rumori, non reggono all’idea di fare comunione, di stare insieme, non amano il suono delle campane che invece è poesia e richiamo gioioso alla festa e per qualsivoglia cerimonia religiosa nella parrocchia di appartenenza. Insomma li disturbano i campanili, e peggio ancora, se non hanno la fede e si ritengono non credenti, danno fastidio loro sul territorio la sagoma di una chiesa, le croci votive sparse per l’isola, gli avvisi sacri, la bella e rispettabile figura del nostro Vescovo e la presenza in tutte le situazioni, compresa la Festa a Mare agli Scogli di Sant’Anna, dello stesso Don Carlo protagonista in ogni dove. Che Don Carlo, dal suo pulpito, predichi, redigga editoriali, lanci giuste accuse ad un certo tipo di società deviata e corrotta per recuperare più possibili pecorelle smarrite, fa benissimo, perché tra l’altro assolve con fedeltà ai dettami del suo ruolo. Ma non fa benissimo quando si schiera, come ha fatto, dalla parte di quella minoranza di insofferenti e per lo più miscredenti, quindi senza Dio, di cui abbiamo parlato sopra. Far cantar vittoria a certi tipi che stanno dall’altra parte, per altro irrecuperabili, è intollerabile. Don Carlo rifletta e torni ad essere il don Caro di prima, ammirato ed apprezzato nel suo straordinario lavoro di aggregazione e di sana rivoluzione in una parrocchia che fino a qualche anno fa, era anonimamente appiattita su se stessa, senza stimoli, con poca linfa vitale. Se Don Carlo ha saputo rianimare e unire l’ambiente, non lo divida ora, favorendo chi ama pescare nel torbido.
antoniolubrano1941@gmail.com

10/05/2016 · L'EDITORIALE

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FILO DIRETTO CONTINUO DELL’ISOLA D’ISCHIA CON L’ARGENTINA

Padre Daniele il parroco del Sntuario di Lujàn a 75,5 km da Buenos Aires, accoglie la nostra concittadina residente nella Capitale argentina messaggera di pace e di preghiera alla Vergine con tutti gli onori nella piazza davanti alla Chiesa gremita di folla con le note degli inni nazionali d’Italia e d’Argentina eseguiti dalla Banda Musicale Militare della Guardia Civile. Il grande Rosario stimata opera artigianale dell’ischitano-argentino Vicente Schiano che l’ha mandato oltre oceano in dono. Il racconto della protagonista.

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Le storiche visite del 2005 e del 2008 al noto Santuario di Lujàn del compianto Vescovo Strofaldi, dei sindaci isolani e di un gruppo di ischitani impegnati nel sociale e nel lavoro professionale.

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Una storia che sa di straordinario che unisce nella fede per l’Altissimo e per la Vergine e nell’amore viscerale per la propria isola, due persone squisite, Anna Maria Insante di Forio e residente a Buenos Aires e Vicente Schiano con lunghi trascorsi in Argentina ed oggi residente tra Serrara e il Ciglio. Insieme, a tantissima distanza l’una dall’altro, hanno scritto un capitolo di storia che l’isola d’Ischia ed il Santuario di Lujàn in Argentina andranno orgogliosi per la unicità e dinamica della iniziativa e per i protagonisti che l’hanno resa possibile. Vicente Schiano nutre da sempre una passione artigianale che usa e fa sua come dono di Dio. Con le proprie mani, ormai esperte e forti, realizza Rosari per la preghiera di varie dimensioni, peso e colore, utilizzando in primis corda di mestiere e anelli bombati per la snocciolatura. Rosari giganti per eventi religiosi di cartello e Rosari medi per farne dono a paesani e turisti accomunati nella fede verso la Vergine santissima. Lui, italo-ischitano-argentino, fedele alle due bandiere nazionali ed alle due culture che sostanzialmente si assomigliano, come poteva non realizzare un grande Rosario e spedirlo nella lontana terra d’Argentina che fin da bambino ha tanto vissuto ed amato insieme alla sua famiglia di origine? Certo che no. Non poteva non farlo. Così, nuovamente ispirato, ha realizzato un nuovo prototipo di Rosario, più grande e più appariscente con tutto l’amore per la Madonna d’Argentina di Lujàn. Scattano così i primi contatti con Anna Maria Insante a Buenos Aires, ischitana come lui, anche se di Forio. Gli accordi prendono buona piega e giungano alla fase conclusiva, tanto che Anna Maria Insante si sente autorizzata a darcene notizia inviandomi questo primo messaggio: “Ciao Antonio … Sabato vado alla Parrocchia del Carmine in Buenos Aires e Domenica a la Basilica di Lujàn con un Rosario che ha fatto Vincenzo, e me lo a consegnato a me ieri. Sono andata a prendere a la dogana e siamo pronti per partire sabato e Domenica , peccato che l’ unica Ischitana sono io , pero farò tutto il possibile per la nostra Isola , andremo in pullman con un Gruppo di amiche devote della Vergine di Lujàn , vi spedirò foto e vi racconterò come è andata. Il parroco della Chiesa Santuario mi aspetta nella piazza di Lujàn da dove ci muoveremo tutti insieme ed entriamo in Basilica, portando con noi il Rosario che viene da Ischia. Lui e stato molto gentile con me , mi ha chiamato varie volte per aiutarmi a che tutto vada bene , mando un abbraccio a tutti voi. Anna Maria”. Un messaggio scritto con la forza del cuore e dell’impegno che solitamente la Insante impiega in circostanze particolari come quella presente, specie poi quando c’è di mezzo, nel caso come questo, la sua cara, amata Ischia con i “paesani”. Dello stesso tenore, fra entusiasmo e sentimento, è altresì il racconto che Anna Maria Insante fa del suo arrivo a Lujàn, col Rosario gigante in braccio speditole da Vicente Schiano direttamente da Ischia, seguita dalle sue amiche, e dell’accoglienza bellissima che le tributa padre Daniele, il parroco del Santuario. Lujàn è qualcosa di speciale anche per noi, per esserci arrivati da Buenos Aires ben due volte, nel 2005 col compianto Vescovo Strofaldi, con i sindaci di Ischia Giuseppe Brandi e di Forio Franco Regine ed altri amici autorevoli al seguito, e nel 2008, sempre col Vescovo Mons, Filippo Strofaldi e in delegazione con i sindaci di Ischia Giosi Ferrandino, di Barano Paolino Buono, di Forio ancora Franco Regine, di Serrara Fontana Cesare Mattera e di Casamicciola sindaco FF Ciro Frallicciardi. Allargavano il gruppo il vice sindaco di Ischia Luigi Boccanfuso, il Presidente del Consiglio Comunale di Ischia Isidoro Di Meglio, Celestino Vuoso presidente Opera Pia Avellino Icono Conte, Salvatore Di Meglio della Dimhotels, Michelangelo Messina Patron dell’Ischia Film Festival , Raffaele Mazzella allora Presidente di Ischia Risorsa Mare, Guerino Cigliano allora Presidente della Collegiata dello Spirito Santo a Ischia Ponte, quasi tutti con le rispettive mogli, Geppino Cuomo, il sottoscritto Antonio Lubrano naturalmente, Michele Lubrano, Noelle Lubrano e Tonia Cuomo che rappresentavano l’Organizzazione e l’Ufficio Stampa ed altri amici a completamento della intera delegazione. Eravamo 32 persone, e In tutte e due le occasioni vivemmo a Lujàn una esperienza straordinaria di cui è rimasto indelebile il grande ricordo. Vale la pena ora seguire ciò che ha scritto di suo pugno per noi Anna Mara Insante”: “L’occasione per una sorta di nuovo Gemellaggio di Fede . Nella Vita Dio ci mete alla prova ogni giorno, facendoti fare delle cose che mai avresti pensato di fare. Un mese fa, mi manda un messaggio da Ischia il signore Vicente Schiano e mi dice …. Anna Maria ho fatto un Rosario per La Madonna di Lujàn e lungo 30 metri. Io te lo spedisco e tu lo devi portare a La Basilica di Lujàn. E’ un Regalo . ed io le rispondo: va bene sarà un piacere. Dopo una settimana, il Rosario arrivò a la dogana, ed io sono andata a prenderlo …. dopo aver aspettato 4 ore mi hanno consegnato il pacco … quando l’ho visto ed alzato, mi sono detta: mamma mia che pesante, 18 chili, e come faccio a portarlo a casa ? ll Rosario mi ha fatto compagnia per una Settimana , Sabato 9 di Aprile con una mia amica l’ abbiamo portato alla chiesa della Madonna del Carmine per farlo vedere a tutti e perché il parroco lo Benedisse , é stato Bellissimo …. dopo essere tornata a casa , il giorno dopo 10 di Aprile, era il giorno dell’incontro, quasi come un Gemellaggio alla Basilica di Lujàn ( fra la isola d’ Ischia a la Basilica di Lujàn ) alle 8 di mattina siamo partiti in un pullman , ll Rosario , io l’ unica Ischitana e 22 amiche , eravamo molto felici, dopo 2 ore siamo arrivate in piazza della Basilica dove ci aspettava la Banda di musica , all’ improvviso ho visto il Padre Daniele che con le braccia aperte, si avvicina a me e mi abbraccia e mi dice Benvenuti alla casa di Dio e La Madonna. Lui, Padre Daniele, camminava al mio fianco , io con la croce e tutti le mie amiche dietro, portando il Rosario. Che emozione quando siamo entrate nella Basilica, le gambe mi tremavano ed il mio cuore batteva forte … forte dalla emozione ascoltando la musica dentro la chiesa. Siamo arrivate sull’ altare , dove il Rosario e stato deposto ai piedi della Madonna e tutte noi al fianco di Padre Daniele, sempre sull’ Altare. La messa é stata Meravigliosa, il parroco ha parlato sul Rosario e ringraziato Vicente per questo Bellissimo regalo. Padre Daniele ha anche salutato tutti gli Ischitani di questa bell’Isola, così ha detto. Dopo la messa mi sono avvicinata a padre Daniele per consegnagli quello che Vicente aveva mandato per lui. Voglio ringraziare tutti: … Vicente per il Rosario, gli Ischitani , che hanno collaborato, il Padre Daniele parroco della Basilica di Lujàn, le amiche Rita, Mena e Anna Orlando, Florecia Belfiore, Rosa Picardi, Filo Feo, Maria Police, Rosana Pilla, Liliana Tedesco,Anna e Maria Gentile, Carmen Tursi e Laura Tortorello. Arrivederci a Ischia”.

antoniolubrano1941@gmail.com

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STORIA E LACRIME NEI NODI DEI ROSARI DI VICENTE SCHIANO

Finora sono sette i Rosari di grandi dimensioni realizzati da Vicente donati a chiese e ad eventi religiosi importanti. Il primo è custodito nella chiesa del Soccorso, il settimo è appena arrivato in Argentina

Di MICHELE LUBRANO

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Una storia vera, fatta di miseria, emigrazione e fede quella della famiglia Schiano. Una storia che Vicente vuole condividere con tutti e ne affida il ricordo a questo semplice rosario intrecciato, i cui nodi sono ricchi di significati, storia e lacrime. Tutto ebbe inizio nel primo dopoguerra, quando per mancanza di lavoro e miseria arrivarono anche sull’isola d’Ischia. A quell’epoca non esistevano alternative all’emigrazione e per la famiglia Schiano quella fu una scelta obbligata al pari di tante altre famiglie; partire alla ricerca di una terra promessa in grado di assicurare un dignitoso futuro a chi partiva ed a chi restava a casa. La terra promessa della famiglia Schiano fu l’Argentina e per l’esattezza la cittadina di Quilmes. Con le poche cose strettamente necessarie, racchiuse in una semplice valigia, e con non pochi sacrifici per racimolare i soldi necessari per l’acquisto del biglietto, la famiglia partì imbarcandosi su una nave a vapore e compiendo un viaggio di circa 30 giorni. Giorni e giorni, solo cielo e mare ed una infinita fede nel Signore, nella speranza di trovare un futuro migliore. Appena oltrepassato lo stretto di Gibilterra, le antiche colonne d’Ercole, l’oceano si mostrò in tutta la sua forza ed irruenza. La fede e la preghiera sono state il punti di riferimento costante in cui trovare speranza e fiducia. Tutti i passeggeri stretti negli spazi delle terza classe erano uniti dallo stesso sentire con le condizioni del mare che peggioravano e le preghiere e implorazioni con i tanti rosari contati sulle dita delle mani che sembravano non poter sortire alcun effetto. A papà Schaino la fede non mancava mai, non riusciva a capacitarsi di aver dimenticato l’inseparabile rosario, fedele compagno di tante preghiere. Recuperò dei resti di corda sulla nave ed in una notte intera riuscì ad intessere un meraviglioso rosario ed il mattino seguente divenne la guida per la recita della preghiera. Questo semplice oggetto, realizzato con fede e passione, fu apprezzato e desiderato da tutti i passeggeri e dall’equipaggio; finanche il Comandante ne volle uno da appendere sul ponte di comando. La recita del rosario da quel momento fu più sentita e più partecipata e da quel momento, forse proprio grazie ad un intervento dall’Alto, una lunga bonaccia accompagnò la nave fino in porto. Il rosario di nodi divenne molto richiesto e papà Schiano lo regalava con la promessa di farne un uso costante e sincero nell’affidare le speranze e la vita nelle mani di Maria. Una volta giunti in Argentina la famiglia Schiano riuscì a trovare lavoro e costruire una futuro per sé e per i propri cari. Delle lunghe giornate al freddo se ne parlava, però, davanti al caldo del camino. Vicente, a quell’epoca bambino, ascoltava estasiato il racconto e ne fece tesoro, pretendendo di apprendere le tecniche di intreccio utilizzate. Da allora non ha mai smesso di realizzare rosari che sono molto apprezzati e graditi da tenta persone bisognose ed anziane a cui ne fa dono. E ad ogni rosario regalato immancabilmente arriva un segno divino che ha maggiormente rafforzato in lui la fede e la devozione verso Maria. Uno fra i tanti segni celesti ricevuti, la scelta che ricade proprio su Vicente di prendere parte all’incontro con Papa Giovanni Paolo II e rappresentare i giovani della Parrocchia del Soccorso, ricevendo anche l’Eucarestia dalle mani del pontefice oggi Santo. Per ogni grande evento Vicente realizza rosari anche di grandissime dimensioni, come quello donato alla chiesa del Soccorso di Forio proprio in onore di quel lieto evento. In totale sono finora sette i rosari di grandi dimensioni. Il primo, di ben 8 metri, è custodito nella chiesa del Soccorso a Forio; il secondo, di ben 10 metri, nel giugno del 2014 è stato portato a Roma ed è stato immortalato di fianco alla Papa mobile; il terzo il 20 febbraio 2015 è stato portato a Gerusalemme ed è lungo 12 metri; il quarto, sempre di 12 metri, è stato portato dai ragazzi di Ischia a Papa Francesco in occasione della sua visita a Napoli; il quinto, di 15 metri, è stato regalato a Gianfranco Amato ed era stato portato a Roma in occasione del Family day; il sesto di 18 metri è stato regalato da Giorgio Celsi al Sacrario Nautico Garzola al Lago di Como. Infine il settimo Rosario di 30 metri e 18 kilogrammi, Vicente Schiano, come pubblichiamo in questo Speciale de Il Golfo, lo ha inviato al Famoso Santuario della Vergine di Lujàn a Buenos Aires patrona degli italiani d’Argentina attraverso Anna Maria Insante di Forio che vive nella capitale argentina. Altri rosari saranno donati a Pompei il 29 maggio e a Pontedera, dove Vicente ha ricevuto una onorificenza, e in giugno ad Ischia Ponte.

 

25/04/2016 · L'EDITORIALE

di ANTONIO LUBRANO

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I DESTINI DELL’ANIMALE DOMESTICO PIU’ AMATO E RICHIESTO Ad Ischia il coniglio selvatico era un tempo l’animale davvero più diffuso. Lo è anche oggi, solo che viene dai vasti allevamenti della terra ferma. Lo storico ischitano dell’800 il foriano Giuseppe D’Ascia, nei suoi manoscritti, sosteneva che ” l’isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarla “, verso il 470 A.C. Quando I sovrani Aragonesi e i marchesi D’Avalos del Vasto allocati sul Castello di Ischia e nella Torre chiamata dopo di Michelangelo, spesso andavano a caccia di conigli leporini nei boschi del Cretaio, di Serrara e di Fontana.

 Si punta al coniglio di origine controllata (DOC) per riappacificarsi col passato e con le vecchie usanze contadine

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di ANTONIO LUBRANO

L’isola d’Ischia versa lacrime sulle sue tradizioni perdute. Il coniglio di fosso è una di queste e vede la sua crisi nell’indifferenza dell’agricoltore isolano di oggi, ammesso che ve ne sia rimasto uno che ha a cuore le sorti dei suoi terreni beneficiati in immeritevole eredità, nel senso che non ha nessun rispetto per il nobile mestiere di famiglia per il quale hanno dato l’anima il proprio padre ed i propri nonni. A dispiacersi più di tanto quindi, non sono i contadini rimasti tali dell’entroterra isolana; lo sono invece quegli ischitani che avrebbero voluto che certe tradizioni di bello spirito campagnolo, non si fossero estinte, diciamo così per abbandono del campo. L’isola ha conosciuto il coniglio selvatico a cui prestava attenzione e cura, anche perché rappresentava, una volta ammazzato, l’alimento più gustoso e principale della festa e delle altre occasioni speciali di tutte le faglie ischitane, dalla campagna fino al mare. Ad ischia il coniglio selvatico era un tempo l’animale davvero più diffuso. Lo è anche oggi, solo che viene dai vasti allevamenti della terra ferma. Lo storico ischitano D’Ascia, nei suoi manoscritti, sosteneva che ” l’isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarli “, verso il 470 A.C. Due erano le differenze: il coniglio leporino ( con caratteri simili a quelli della lepre ) e il coniglio sorcino. I sovrani Aragonesi e i marchesi del Vasto allocati sul Castello di Ischia e nella Torre chiamata dopo di Michelangelo, spesso andavano a caccia di conigli leporini nella zona di Serrara e di Fontana. Oggi del coniglio selvatico c’è poca traccia ( presenze a Piano Liguori, a San Pancrazio, sul Cretaio e in zona Frassitelli ) e molte famiglie che abitano in campagna lo allevano prevalentemente in gabbia per uso proprio, alimentandolo quasi del tutto con mangimi industriali. In passato, quando però, i conigli si allevavano in fossi scavati nel terreno a circa due metri di profondità, la pratica di allevamento naturale era tutt’altra cosa. Il fosso per lo più era affiancato alla cantina. Perfino l’alimentazione dell’animale era naturale, fatta peraltro delle stesse erbe

fresche e selezionate, ricavate dalla pulizia dei propri campi. L’idea di rilanciare la pratica del coniglio di fosso, a dire la verità sull’isola, in un certo modo esiste. Per ora chi ce l’ha, lo fa solo per mire propagandistiche per carpire la buona fede di ischitani stessi e turisti ingenui. I contadini delle campagne isolane dei primi del ‘900 Per catturare facilmente un coniglio nel fossato usavano metodi che potrebbero essere ripresi oggi se si dovesse tornare ad attivare gli antichi e tradizionali fossi. Agivano così: quando i conigli uscivano dai cunicoli per mangiare l’erba, questi li catturavano chiudendone l’imboccatura. Lateralmente ad essa erano fissati due paletti sui quali veniva fatta scivolare una tavola che, trattenuta dai paletti, ostruiva l’ingresso, impedendo la fuga dei conigli all’interno dei cunicoli e permettendone quindi facilmente la cattura. Ad ischia si vuole suggerire e promuovere questo antico ma valido metodo di allevamento del coniglio. Allevamenti non in gabbia ma in fossi appositamente predisposti in terreno, poco roccioso, che possa permettere all’animale di esplicare la sua naturale vocazione allo scavo di cunicoli al cui interno, protetto dalle alte e basse temperature, dall’umidità ed anche da predatori, forma colonie con la tipica dinamica gerarchica al cui vertice ritroviamo il maschio dominante. A dire il vero, qualche fosso a Ischia è stato riattivato, ma solo a scopo dimostrativo Essi erano stati abbandonati perché sostituiti dal sistema in gabbia, molto più pratico ma certamente meno naturale e fisiologico. I conigli di fosso vivono in terreni a loro congeniali in cui possano scavare e nei quali costruiscono il sistema di gallerie o cunicoli che servono anche da riparo dal freddo, dal sole, dal caldo e dalle piogge. Per i conigli da fosso l’habitat dell’isola verde è l’ideale per una certa metodologia di allevamento. Infatti essa va osservata in ambiente del tutto naturale, caratterizzato dai fossi esposti al clima e ai venti che l’isola vanta. Ischia risponde perfettamente alle esigenze tipiche della specie. I conigli non sono soggetti a forzature alimentari, a stress ambientali e/o a sofisticazioni ormonali, e si nutrono esclusivamente, dopo lo svezzamento, con alimenti naturali ed essenze spontanee peculiari dell’habitat caratteristico della nostra isola. Sfruttare questi requisiti, può essere la strada verso la riabilitazione dei fossi di coniglio che ai nostalgici della tradizione ed agli intenditori dei buon coniglio mancano per davvero. Sul piano industriale la pratica dell’allevamento dei conigli in capaci gabbioni può essere necessaria ed insostituibile, ma il coniglio, cresciuto nel suo habitat più naturale, ossia il fosso, per l’uso di famiglia e magari, a particolare richiesta in un ristorante dell’isola, è decisamente un’altra cosa.

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12/10/2015 · L'EDITORIALE