LA NOTA DELLA DOMENICA DI ANTONIO LUBRANO

…Spuntarono altri progetti per un porto turistico a Ischia Ponte. Si distinse quello favorito da Luigi Telese,che poi ha fatto la fine di tutti gli altri…

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DI ANTONIO LUBRANO

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1 ANTONIO LUBRANO
Siamo nel 2019 e per l’antico Borgo poco o niente è cambiato. Ci sono stati solo l’inevitabile processo generazionale e i…”Venerdì del Borgo in festa” con qualcuno anche invernale come quello del cioccolato a richiamare gente nelle serate in cui si sono svolti. L’economia negli ultimi tempi sta favorendo solo la categoria dei ristoranti con qualche bar annesso tipo Cocò e il supermercato locale. Per il resto tutti segnano il passo. E’ destino che i progetti che si ordinano e si redigono per ipotetici porti turistici e scogliere varie, per proteggere dalle tempeste marine e per rinnovare la vecchia Ischia Ponte dal lato del mare, vengono sistematicamente, dopo la visione al pubblico, a mò di fumo negli occhi, tutti accantonati, fatti finire nel fondo di un cassetto e lì dimenticati per non essere mai più “riesumati”. E così Ischia Ponte mai decolla. E’ la triste storia di una località trascurata, manipolata, bistrattata,illusa, offesa nella sua identità storica e culturale che peggio non la si poteva mortificare. Il Borgo di Celsa, perché è di questo luogo che quì si parla, quando era l’antico Borgo di Celsa, brillava nella semplicità, di luce propria, col suo popolo sottomesso ma anche ribelle ai signori dell’epoca, dimostrava sempre di essere vivo e laborioso, che seguiva e collaborava con le autorità del tempo e con le Casate gentilizie ivi stabilitesi, alla graduale trasformazione del territorio che si evolveva e cresceva attraverso la realizzazione di opere pubbliche mirate e di insediamenti abitativi rivieraschi nuovi che sono riusciti a sfidare i secoli fino ad arrivare ai nostri giorni, senza cedere di una sola pietra. Se proprio si vuol parlare di pietre, bisogna riportarsi alle pietre grigie, o meglio ai basoli grigi di piperno che dal 1441 rivestono lo storico ed antico ponte aragonese che congiunge il Borgo col Castello per permettere alle origini, un più agevole passaggio degli abitanti, i soldati, i dignitari di Corte ed il capitolo della Cattedrale con il Vescovo, dall’Insula Minor (il Castello) all’Insula Major (Ischia e gli atri suoi versanti). Questi basoli di pietra di piperno, da qualche anno a questa parte, esaurendo la loro secolare resistenza, stanno venendo giù, l’uno dopo l’altro, almeno lungo le fiancate, in particolare quella che si affaccia sul golfo in direzione degli scogli di Sant’Anna e Cartaromana, tanto da lasciare alla visione soprattutto dei turisti un ponte storico, trasformato in squallido rudere in alcune sue parti rattoppato alla meglio, per ignoranza ed incuria di chi sarebbe dovuto intervenire per evitare lo scempio che oggi è sotto gli occhi di tutti. Ma tutto questo fa parte di quella sfera di lavori di manutenzione mancati a difesa ordinaria dei beni architettonici pubblici lasciati irresponsabilmente al loro declino nonostante i tardivi interventi di riparazione per altro anche sospesi in attesa di qualche nulla osta che deve cadere dal cielo. Il discorso che in questa sede si vuole sviluppare è di più ampia veduta. Esso non vuole si limitar agli omessi interventi per la sola cura di quello che già esiste, abbandonato purtroppo a se stesso, ma rivolgere tutta l’ attenzione a quanto, dai primi anni ’40 ad oggi 2019 anno del Signore, si è effettivamente progettato e cosa in realtà si è davvero realizzato in una Ischia Ponte in continuo stato di umiliante attesa. Partiamo dall’immediato dopo guerra, allorquando a metà degli anni ’40 si progettò e si realizzò l’importante via Antonio Sogliuzzo collegando piazza degli Eroi con via Seminario a Ischia Ponte, dotando la zona di una importante arteria alberata di grandi prospettive per Ischia Ponte, che tagliò in due la pineta Villari. Nel 1951 si progettò e si realizzò il pontile di attracco su piloni di cemento armato addossato al piazzale aragonese per l’approdo delle navi di linea Ischia-Procida-Napoli e viceversa della vecchia Span, oggi Caremar in funzione fimo ai primi degli anni ‘70. Subito dopo si progettò e si realizzò l’acquedotto sottomarino che proprio ad Ischia Ponte ebbe il suo terminale per la distribuzione dell’acqua del Serino per tutta l’isola attraverso una gigantesca conduttura. Poi fu la volta di Via Nuova Cartaromana e la posa di varie prime pietre per la realizzazione del Lungomare Aragonese che si riuscì a realizzarlo solo per metà percorso, dal piazzale aragonese fino allo Stradone dove definitivamente si arenò. A tutto questo si possono aggiungere i lavori di pavimentazione progettati e realizzati dell’intero piazzale delle Alghe e poi nulla più. Ischia Ponte sognava un porto commerciale e allo stesso tempo anche turistico a seconda delle scelte di sviluppo che si volevano conferire all’ opera di ingegneria marittima che si pensava far sorgere fra il Castello e gli Scogli di Sant’Anna. Il sindaco del tempo, siamo ai primi degli anni ’60, Vincenzo Telese, che credeva nella vitale importanza di quell’opera, avviò la progettazione ed ottenne anche il finanziamento necessario. L’opposizione per ragioni ambientali, di artisti, uomini di cultura e liberi cittadini, lo sommerse, al punto che Telese finì con l’arrendersi. Da quell’episodio storico, scaturì successivamente fra tecnici, disegnatori, architetti progettisti, visionari del bello in libertà e liberi cittadini, una sorta di portomania per Ischia Ponte sorprendente quanto confusionaria prendendo di mira solo e soltanto il tratto di mare compreso fra Punta Molino e lo scivolo dell’acquedotto attaccato al ponte aragonse davanti a Vivara. Progetti a iosa, di bravi professionisti e di improvvisati disegnatori, tutti finiti nei faldoni dell’ufficio tecnico del Comune d’Ischia dove stanno ad ammuffire. Gli anni ’80, sono stati gli anni delle grandi decisioni. Ad Ischia emergeva e subito giganteggiava un politico di razza e di lungimiranti vedute, molte realistiche, altre utopistiche ma sempre trattabili per mantenere vivo il discorso del fare. Parliamo di Enzo Mazzella, sindaco d’Ischia, consigliere e poi assessore ai lavori pubblici presso la Regione Campania. Mazzella per Ischia Ponte tentò il gioco di due grandi carte: la prima carta con l’esproprio del Castello per acquisirlo a patrimonio comunale e farlo rientrare in un vasto progetto di sviluppo turistico che doveva interessare maggiormente da vicino il Borgo antico nella sua fase di rilancio turistico, economico e sociale. La seconda carta con l’incarico molto caldeggiato e ben remunerato, all’architetto Sandro Petti di progettare, la trasformazione, senza giri di parole, del Centro Storico di Ischia Ponte. L’architetto Petti pungolato nel suo estro di artista dall’ampia fantasia prima che di valente tecnico progettista, prese in parola il vulcanico Enzo Mazzella. Si mise al lavoro con impegno, partorendo un progetto faraonico che stupì la cittadinanza ischiapontese e lo stesso Enzo Mazzella che dispose la visione al pubblico di tutti i particolari del progetto in una spettacolare mostra che si tenne nella sala dell’Episcopio di via Seminario. Il progetto fra l’altro prevedeva anche la realizzazione di un avveniristico porto turistico. Poi venne l’era di Luigi Telese sindaco, nipote del più famoso Vincenzo Telese. Spuntarono altri progetti per un porto turistico a Ischia Ponte. Si distinse quello favorito da Luigi Telese che poi ha fatto la fine di tutti gli altri. Ne parla Luigi Telese stesso:“Da Sindaco di Ischia tentati di recuperare il progetto sostenuto da mio zio Vincenzo, anche se ubicandolo a sinistra del Castello Aragonese (con un braccio di scogliera dal Palazzo Malcovati all’ attuale Pontile del Castello) per realizzare un Approdo turistico da 100-150 posti barca, convinto – allora come ora – che la nautica da diporto sia il futuro dell’ economia dell’ Isola d’ Ischia e del nostro Comune. Tale Porto Diportistico avrebbe risolto il problema degli allagamenti del Pontile Aragonese (dovendosi fare necessariamente le opere di protezione a mare e le relative scogliere), il problema della Linea di Visuale del Mare oggi ostruita dai massi che si trovano lungo il cd. Stradone, ed avviato l’ economia di Ischia Ponte verso quel necessario salto di qualità che avevo favorito con una chiusura al traffico molto più rigida di quella attuale (di fatto inesistente). Poi la mia Amministrazione cadde, e non se ne è fatto più nulla. Oggi il tutto rimane un bel ricordo. Peccato per Ischia …Luigi Telese”. Ora si spera nel nuovo parcheggio della . Il comune ha concesso a Santaroni una ulteriore proroga di fine lavori fino al 30 giugno del 2020. Speriamo bene.
antoniolubrano1941@gmail.com

24/11/2019 · L'EDITORIALE