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Servizio Speciale di

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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dalla Cattedrale e dal Cimitero

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è stato realizzato da

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Servizio Speciale

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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dal Palazzo Reale

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è stato realizzato da

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IL PUNTO DI MICHELE LUBRANO

I pomodori sono semplici da coltivare ma il mancato rispetto di alcune esigenze della pianta può facilmente comprometterne la crescita, lo sviluppo e la produzione dei frutti.

POMODORI DI PIANO LIGUORI

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DI MICHELE LUBRANO

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2 MICHELE LUBRANO
Parlare dei pomodori, specie quelli da piennolo, l’”Oro Rosso” delle nostre terre, ed in particolare dei pomodori che si producono nella nostra isola, di come e quando si piantano e si curano, bisogna essere degli esperti. Per la verità tanto esperti non lo siamo mai stati. Per diventarlo, e buttar giù queste poche noti, ci siamo informati, abbiamo consultato manuali e chiesto notizie alla buona ad amici contadini. Tutto quello che abbiamo appreso lo abbiamo qui sintetizzato sperando di non deludere nessuno. Prima e fondamentale ammissione: I pomodori sono semplici da coltivare ma il mancato rispetto di alcune esigenze della pianta può facilmente comprometterne la crescita, lo sviluppo e la produzione dei frutti. Ecco come fare crescere pomodori perfetti e rimediare alle malattie più comuni. Il pomodoro è pianta piuttosto esigente che vuole terreno di medio impasto, sciolto, fertile, ricco di sostanza organica, situato in zone calde e soleggiate, al riparo dai venti. Non sono adatti i suoli pesanti, molto argillosi, nei quali l’acqua ristagna a lungo e, all’opposto, quelli troppo sciolti e sabbiosi o pietrosi, che comportano scarse produzioni. Originario delle regioni centro e sud-americane, il pomodoro necessita di temperature costantemente medio-elevate e di buona illuminazione. Le temperature ottimali di crescita sono comprese tra 22 e 24°C, quelle minime tra 13 e 15°C; inizia a produrre frutti attorno ai 23-25 °C e deperisce con temperature al di sotto dei 7-10 °C . Somministrare al terreno prodotti organici circa dieci giorni prima della messa a dimora delle piantine. A partire dalla fase di formazione dei primi frutti è opportuno, soprattutto se il terreno è poco fertile, somministrare ogni circa 2-3 settimane, concimi chimici in granuli, specifici per orto, ricchi in fosforo e potassio. Deve essere regolare durante tutto il ciclo di crescita, in particolare durante la fioritura e la fase iniziale della formazione dei frutti. L’acqua va distribuita solo al terreno, per scorrimento o tramite il sistema goccia a goccia, e non sulle foglie e sui frutti, onde evitare la comparsa di gravi malattie fungine. Altre operazioni necessarie sono: eliminare regolarmente le erbacce dal terreno coltivato; legare le piante a tutori verticali o inclinati, quando la pianta è alta circa 30-40 centimetri; eliminare i getti ascellari per avere frutti di migliore pezzatura e qualità; rincalzare moderatamente le piante.Un eccesso di acqua (per piogge o irrigazione) successivo ad un periodo piuttosto prolungato di siccità fa sì che la polpa, prima contratta perché disidratata, si gonfi per accumulo di acqua sino a far scoppiare la buccia: si tratta della spaccatura dei frutti. È il danno più frequente che si manifesta in periodo estivo e che colpisce soprattutto le varietà a bacca grossa (tondo, costoluto, cuore di bue) e si manifesta sotto forma di fessurazione della buccia in frutti ormai prossimi alla maturazione. Si previene garantendo regolari irrigazioni durante i periodi di siccità. I frutti rovinati vanno raccolti ed eventualmente consumati, onde evitare che attraverso le fessurazioni possano entrare spore di funghi dannosi. La peronospora è la più grave avversità fungina che colpisce il pomodoro, soprattutto le varietà a bacca grossa (tondo, costoluto, canestrino,cuore di bue). Le temperature ottimali per il suo sviluppo sono comprese tra i 20 ed i 25 °C , con prolungata bagnatura della vegetazione.

michelelubrano@yahoo.it

L’ARTICLO DI MICHELELUBRANO E’ STATO PUBBLICATO U ILO GOLFO DI LUNEDI’ 28 OTTOBRE 2019

POMODORI DI MONTE VICO CON I OLORO RAMETTI ATTORCIGLIATI DA PIENNOLO

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POMODORI PRONTI PER IL PIENNOLO

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29/10/2019 · Ischia e la storia

E’ TEMPO DI PIENNOLI APPESI FINO A NATALE E PER TUTTO IL PROSSIMO INVERNO – SIAMO NEL PERIODO GIUSTO PER AMMIRARE E VANTARCI DI UNA RISORSA BELLA QUANTO NECESSARIA, OVVERO IL PIENNOLO ROSSO DEI NOSTRI POMODORI, PRODOTTO PREZIOSO DEI NOSTRI ORTI E GIARDINI

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Al Ciglio, a Pino Liguori, a campagnano a Fontana ed in tanti altri luoghi di campagna della nostra isola i piennoli di pomodori in questo periodo sistemati in bella mostra sotto i soffitti fanno tra l’altro da spettacolare ornamento alla casa rurale che li conserva. E’ un piacere vederli pendere dal soffitto, danno, infatti, una idea chiara di chi abita la casa dichiarando, così, uno stile di vita sano ed in sintonia con la natura.

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DI ANTONIO LUBRANO

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1 ANTONIO LUBRANO

Dai pomodori coltivati e raccolti nei vari terreni dell’isola al piennolo bello e pronto, il passo è di qualche mese, il tempo della prima maturazione in attesa di arrivare al top. La pratica è la solita, semplice, appassionata, tradizionale, dall’autentico sapore contadino. In questi giorni incomincia ad apparire nitida, splendente la bellezza pura del piennolo dei nostri pomodori incastrati a cascata l’uno accanto all’altro con dei fermi interni solidi e resistenti dei loro stessi rametti aggrovigliati tali da formare una perpendicolare catena occulta da cui pendono attaccati i pomodorini divenuti morbidi e rossi per l’attenta conservazione. Sotto i pergolati, negli androni a vela nella pietra verde, nelle anticamere delle cantine del Ciglio, di Piano Liguori, delle Chianole, di Noia, della Starza, di Monte Vico, di Panza, di Campagnano, del Bracconiere, del Paradisiello, della Rita, sulla Borbonica, fino a Serrara e Fontana. insomma fin dove abbonda la coltivazione di pomodori da piennolo, l’usanza antica di esporre appesi gli amati piennoli è caratteristica e manifestazione estetica delle case rurali di ogni singola località fra quelle elencate e non solo. L’esperto Gianni Ferramosca in un suo “saggio” sul pomodori da piennolo, ha scritto: “La buona abitudine di conservare i pomodori “appesi”, ha sempre fatto parte della mia vita. E’ un piacere vederli pendere dal soffitto, danno, infatti, una idea chiara di chi abita la casa dichiarando, così, uno stile di vita sano ed in sintonia con la natura. La ‘nzerta, da sempre associata al mondo rurale, oggi si riscopre come uno dei metodi di conservazione più salutari, ma anche più versatili, adatta ad una moltitudine di preparazioni che la rendono una delle protagoniste indiscusse della cucina, soprattutto mediterranea”.La “nzerta” cui ha fatto cenno sopra Ferramosca è un termine pugliese che significa mettere insieme grappoli di pomodori attaccati coi loro i rametti ad un filo solido appeso tanto da formare il piennolo. A Ischia tale termine non si usa. Da sempre si preferisce parlare di piennolo e basta. Del resto Il nome Piennolo significa pendolo e simboleggia la tradizionale pratica di raccogliere il pomodoro in grandi grappoli da far maturare lentamente tenendolo pendente al soffitto di un luogo fresco e ben areato. Il pomodoro del Piennolo ha una forma ovale di modeste dimensioni, presenta buccia spessa e una polpa soda e compatta. La sua particolarità è proprio la polpa dal sapore particolarmente dolce e una nota finale acidula che lo rende fresco. Grazie alla sua elevata quantità di acidi organici, il pomodoro del piennolo si può conservare a lungo. Sull’isola, gli ultimi raccolti si conservano fino al periodo natalizio, senza l’ausilio del frigo naturalmente. il periodo migliore per fare i piennoli è l’inizio dell’estate. Il motivo è facilmente intuibile: poiché il fine è avere una scorta di pomodori per l’autunno e l’inverno, bisogna provvedere subito, appena maturano le prime “sciocche”.Non farlo potrebbe esser rischioso. Un temporale, una grandinata o qualsiasi altro evento meteorologico avverso potrebbe infatti danneggiare raccolto e provviste. Ovviamente, se il tempo invece si mantiene clemente, si può continuare a intrecciare i piennoli durante tutto il periodo estivo. Le piantine di pomodoro, come l’ uva vogliono il sole che le “riscalda” e le faccia maturare ed “addolcire” nei tempi giusti. Non tutti i terreni dell’isola elencati sopra sono assolati in continuità. Laddove il sole batte meno che negli altri posti, i pomodori da piennolo tardano il loro iniziale processo di maturazione e la loro raccolta viene posticipata, ma sempre in tempo per essere…appesi. Al Ciglio, a Pino Liguori, a campagnano a Fontana ed in tanti altri luoghi di campagna della nostra isola i piennoli di pomodori in questo periodo sistemati in bella mostra sotto i soffitti fanno tra l’altro da spettacolare ornamento alla casa rurale che li conserva. Oltre allo spago, a Ischia per fare i piennoli di pomodoro si usano anche i rami di ginestra. Il vantaggio è duplice: con la ginestra, infatti, basta un unico avvolgimento perché i pomodori aderiscano perfettamente al ramo. Il secondo vantaggio è che attorno i rami di ginestra, i pomodori, stando più larghi, si conservano più a lungo. A patto, ovviamente, di conservarli in un ambiente adatto: appesi al muro o alla soffitta di un luogo fresco e asciutto, magari una delle tante cantine che ci sono a Ischia. Insomma, l’arte del “piennolo” è l’ennesimo capitolo della grande natura dell’isola d’Ischia. Un’isola di terra in cui i contadini hanno sempre avuto un ruolo preponderante nella vita della comunità.

                                                                                                                antoniolubrano1941@gmail.com

L’ARTICOLO DI ANTONIO LUBRANO E’ STATO PUBBLICATO SU IL GOLFO DI LUNEDI’ 28 OTTOBRE 2019

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CANTINA DI FONTANA CON PIENNOLI APPESI

CANTINA DI FORIO PER TUTISTI CON PIENNOLI APPESI

PIENNOLI DEGLI ORTI DI PANZA

PIENNOLI DI POMODORI DELLA SCARRUPATA SULA COLLINA DI PIANO LIGUORI

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29/10/2019 · L'EDITORIALE

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Servizio Speciale di

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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dall’Istituto Cristofaro mennella

di Ischia

è stato realizzato da

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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Servizio Speciale di

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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Il Servizio Speciale

dalla Chiesa di San Vito

a Forio

è stato realizzato da

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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LA NOTA DELLA DOMENICA DI ANTONIO LUBRANO

LA STORIA DELLA RIVA DESTRA – OLTRE 60 ANNI DI CONTINUA ATTIVITA’ – LA DEMOLIZIONE DEI VECCHI “GABBIONI” SULLA STRADA DEL 2001 E’ SOLO UN RICORDO. OGGI LA BANCHINA DEL LATO DESTRO DEL PORTO CON I SUOI FESTOSI LOCALI ALLA MODA RISPLENDE CON LO STESSO FASCINO DEL PASSATO CON UNA EVIDENTE ARIA DI MODERNITA’/

Dopo gli anni ‘50 a ridosso degli anni ‘60, il lato destro del porto diventava “Riva Destra” e appena dopo gli anni sessanta”Riva Droite”. Chiamarla in francese era più raffinato e suonava meglio sulla bocca dei nuovi turisti! Accadde così il miracolo. I vecchi e fatiscenti androni diventano in breve tempo ristoranti di lusso, bar alla moda, caratteristiche taverne e nigth club. Il primo pioniere fu don Antonio Cervera che trasformò il suo negozio di vino nella caratteristica “Taverna Antonio” con musica, ove trovarono spazio e lavoro giovani isolani con il talento del canto e dell’uso degli strumenti a corda, tra questi anche il ragazzo “Topolino” .

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I Locali nuovi che hanno rimpiazzato quelli vecchi della Riva Destra: ”Mode in Riv”, “Pane & vino”, “Bro”, “Alfaretto”, “Riva Destra”, “Portobello”, “Porto 51”, “La Bitta”,”jham Ja’”, “Il Cappuccino”, “”L’Altra Mezzanotte”, “Pescaderia Ischitana”, “Mofito”,”Drink’t Drank’t”, “I Ricci”, “Osteria del Porto”,” La Terrazza di Mimì”, ”un Attimo di Vino”,”La Baia del Clipper”.

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I PIONIERI DELLA RIVA DESTRA - (1)

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DI ANTONIO LUBRANO

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Oggi la maggior parte dei locali alla moda,  tra ristoranti, taverne e piano  bar   ( 25) in attività che da oltre 60 anni
mantengono in vita la famosa Riva Destra del Porto d’Ischia, operano con nuova licenza di esercizio, nuovo intestatario e soprattutto nuova denominazione. Scomparso da poco il nome “Da Gennaro” del mitico Gennaro Rumore, andato meritatamente in pensione, resistono, bisogna dirlo, alla grande, i “veterani”, o meglio gli storici la “Taverna Antonio”, il “Porticciullo” e “Emiddio”. I locali che nel corso degli ultimi anni fino ad oggi, hanno rimpiazzato i “vecchi” ossia quelli della prima ora, per continuare il lavoro operoso dei predecessori, sono:”Mode in Riv”, “Pane & vino”, “Bro”, “Alfaretto”, “Riva Destra”, “Portobello”, “Porto 51”, “La Bitta”,”jham Ja’”, “Il Cappuccino”, “”L’Altra Mezzanotte”, “Pescaderia Ischitana”, “Mofito”,”Drink’t Drank’t”, “I Ricci”, “Osteria del Porto”,” La Terrazza di Mimì”, ”un Attimo di Vino”,”La Baia del Clipper”. Ma la storia della vecchia Riva destra, quella dei suoi coraggiosi pionieri, rimane la pietra miliare, il fiore all’occhiello dell’avvio del turismo sul Porto d’Ischia, ove la musica, le canzoni antiche e correnti, l’arte della cucina e la creazione di famosi cocktail di esperti Barman animavano una location entusiasticamente frequentata di giorno, di sera e di notte dal bel mondo del turismo nazionale ed internazionale presente sull’isola. Molte sono le testimonianze, scritte e ad immagini, in vecchi filmati e fotografie che si possono scoprire sui Social (Facebook, Instagram e siti privati di Internet)) di quella passata gioventù ischitana, italiana e straniera che ha vissuto intensamente gli anni trascorsi della Riva Destra del Porto di Ischia. Solo ricordi di vita spensierata, attraverso i quali è possibile capire cosa è stata in realtà la Riva Destra o Rive Droite dai primi anni ’60 in poi per noi ischitani e per i turisti italiani e stranieri (in maggioranza tedeschi) che vivevano la lunga, bella stagione delle vacanze nella nostra isola alla luce del sano divertimento fra musiche e belle canzoni nostalgiche. E si è andati avanti per lo più allo stesso modo fino a quando, ai titolari dei numerosi locali alla moda sulla banchina non fu fornita dalle autorità comunali addette al territorio… l’occasione per… tremare. Per fortuna, per un tempo che consentì subito la ripresa. Le cose andarono come segue: opera di risanamento o attacco irresponsabile bello e buono di 18 anni fa alla spettacolarità ed al fascino della Riva Destra? E’ la inquietante domanda che tutti si posero all’indomani dell’ordine di rimozione emesso prima di quella estate passata del 2001 dal Comune d’Ischia e notificato a tutti i gestori, caduti nel panico, dei cosiddetti gabbioni alla moda, che dagli anni sessanta in poi hanno incominciato ad occupare metà della Riva Destra , laddove poi sono sorti, anno dopo anno fino ad oggi, night club, ristoranti, taverne e boutique di grande richiamo turistico nazionale ed internazionale. Spariti quindi i gabbioni che facevano colore, la Riva destra “rinasce” con una nuova estetica, senza perdere il fascino delle sue origini. Tutto parte dai primi anni sessanta. La storia della Riva Destra è patrimonio di noi tutti. Abbiamo il dovere di ricordarla e difenderla. Questa strada, in toponomastica ufficialmente via Porto, fino agli anni cinquanta, era il posto dove attraccavano grossi barconi a vela o a motore che facevano la spola con la terra ferma trasportando carbone, calce pietre di tufo, vino in barili, limoni ed altri agrumi, cocomeri, fasci d’aglio e cipolle e melloni. Lungo la strada basolata che portava al Cantiere vi erano androni e negozi adibiti a cantine, depositi per calce viva, grotte a ridosso della montagna, venditori di carboni, depositi di carburante, un negozio-ufficio per spedizioni, un recapito per la “carovana”, un ufficio della Dogana ubicato al primo piano di un palazzo, cantine per la vendita e imbottigliamento del vino, venditori di chincaglierie e sotto la collina dell’”Acquario” una rudimentale fabbrica del ghiaccio. Questo era il lato destro del porto, il polo commerciale dell’epoca, dove l’agiatezza era per pochi isolani e la miseria per tanti. Dopo gli anni cinquanta a ridosso degli anni sessanta, il lato destro del porto diventava “Riva Destra” e appena dopo gli anni sessanta”Riva Doite”. Chiamarla in francese è più raffinato e suona meglio sulla bocca dei nuovi turisti! Accadde così il miracolo. I vecchi e fatiscenti androni diventano in breve tempo ristoranti di lusso, bar alla moda, caratteristiche taverne e nigth club. Il pioniere è don Antonio Cervera che trasforma il suo negozio di vino nella “Taverna Antonio” con musica (ove trovano spazio e lavoro giovani isolani con il talento del canto e degli strumenti a corda come Topolino). Appena dopo, aprono ristoranti, bar e taverne come “La Cambusa” aperta da Claudio D’Ambra, il “Baunty” diretto da Gino Cacciapuoti, il Ristorante “Da Gennaro” gestito da Gannaro Rumore, la Taverna Angelo di Angelo Monti, “A Lampara – Pizza Pazza” creata da Tonino Baiocco, “La Carrozzella” Aperta da Giò Pilato, il ristorante ‘O Porticciullo” aperto da Anna Albanese-Fedele, La “Taverna da Nino” aperta ed animata da Nino detto Urzecone, il ristorante “Emiddio” e tanti altri che si sono susseguiti ex novo e per cambi di denominazione e di gestione. Fra tante Taverne e Ristoranti degli anni sessanta, sulla Riva Destra sorgono l’elegante Boutique della signora Antonia (fu la prima), La Galleria l’”Orsa Maggiore” dell’artista pittore Vincenzo Colucci ove espongono pittori di fama internazionale da Picasso a De Chirico, la Boutique Minidoque della Dominique di Luciano Marino. In pochi anni la Rive Droite è considerata la località “In” tra le più famose d’Italia e non solo, tanto che, diventato il cuore pulsante della mondanità dell’isola Verde, essa riesce addirittura a vincere la concorrenza con luoghi alla moda della costa azzurra e riviera ligure. Di sera la Riva Destra ha un fascìno unico. Quattroceno metri di strada-banchina con i suoi locali e taverne che si specchiano nel porto illuminato da mille luci e colori, specie nelle celebrazioni dei sui anniversari, hanno attirato in passato come oggi,personaggi famosi dello spettacolo del giornalismo, della Televisione, uomini dell’alta finanza, personaggi politici nazionali ed internazionali, scrittori, artisti e gente comune di ogni angolo del pianeta decretandone la “consacrazione” mondana e turistica di altissimo livello.

antoniolubrano1941@gmail.com

L’ARTICOLO DI ANTONIO LUBRANO E’ STATO PUBBLICATO DA IL GOLFO DOMENICA 27 OTTOBRE 2019

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INTERVENTO DEI CARABINIERI SULLA RICA DESTRA PER LA MOVIDA

LA MOVIDA SULLA RIVA DESTRA CON RISSA

IL PASSATO

SFILATA DI MODA SULLA RIVA DESTRA DEGLI ANNI '70 CON CANTANTI DELLA TAVERNA ANTONIO

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SFILATA DI MODA SULLA RIVA DESTRA ANNI '70

1 ANTONIO LUBRANO

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27/10/2019 · L'EDITORIALE

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è stato realizzato da

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Il Servizio Particolare

dalla Chiesa-Rettoria di San Domeniuco

è stato realizzato da

GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

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IL PUNTO DI MICHELE LUBRANO

La memorabile rovinosa e comica caduta in mare di Re Ferdinando II DI Borbone commentata in un articolo apparso su La Stampa di Torino. “…Fatto fu che il Re poggiò il piede in fallo e che l’aria a mezzo tra il vascello e la barca non lo resse, come avrebbe dovuto con un re. E Ferdinando II rovinò in acqua, con la divisa, le decorazioni, la pancia settimina…”

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DI MICHELE LUBRANO

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Quella Rotonda nel mezzo del Porto d’Ischia, dagli storici è chiamata Tondo di Marco Aurelio. Duemila anni fa circa (altri dicono 1900), su di esso c’era una casa, di quelle rurali come altre, costruite qua e là intorno all’antico lago che Re Ferdinando II di Borbone nel 1864 trasformo in Porto, per le fortune turistiche dell’Isola. La presenza di case rurali in zona è documentata da vecchi ritrovamenti di cocci di quell’epoca. Perché poi il tondo di Marco Aurelio? Ce lo svela l’archeologo Buchner che scrive: “ …Grazie a un fatto curioso sappiamo anche che verso il 140 d. C. sul piccolo isolotto di lava, oggi un tondo circondato di muratura, c’era una casa! Esiste una lettera del principe Marco Aurelio che scrisse al suo maestro Fronto per chiedere un consiglio. Era occupato in esercitazioni retoriche, e poiché aveva sentito che nell’isola Aenaria esisteva un lago ed in questo lago un isolotto anche abitato, voleva sapere come si sarebbe potuto utilizzare questo curioso fenomeno, e Fronto rispose che si potrebbe dire che l’isola grande ripara l’isolotto dalle tempeste del mare così come il padre tiene lontano dal figlio le preoccupazioni del governo”. Ai motivi che indussero Re Ferdinando II di Borbone a trasformare l’antico lago col tondo in Porto, se ne aggiunge un altro mai raccontato. Lo pubblica La Stampa di Torino, svelando in pratica, che se L’isola d’ Ischia ha oggi il suo porto conosciuto in tutto il mondo, lo deve ad una stizzosa reazione che ebbe per una sua “rovinosa caduta” in mare ad Ischia Ponte davanti al Castello. A scrivere è Mimmo Cangemi che tra l’atro dice: “…Fatto fu che il Re poggiò il piede in fallo e che l’aria a mezzo tra il vascello e la barca non lo resse, come avrebbe dovuto con un re. E Ferdinando II rovinò in acqua, con la divisa, le decorazioni, la pancia settimina. Porse occhi spaventati, affondati nelle guance grasse e molli da putto, l’attimo prima di scomparire sotto. La stazza poderosa sollevò un ribollio di schiuma e spruzzi che s’inerpicarono fino al ponte della nave. E allargò cerchi concentrici che si placarono a ridosso del camminamento tra il borgo e il castello. Al posto dell’augusta figura, venne su un turbinio di bollicine. Si tuffarono per ripescarlo. Il re riapparve all’aria fiammeggiante di quegli sguardi sanguigni già visti al tempo in cui divenne ”re bomba”, dopo aver fatto bombardare la rivoltosa Messina fin quasi alla distruzione, in un’ingiuria che s’addiceva pure alla stazza. Lo trassero su. Boccheggiava in cerca di fiati. Il seguito non fu mai dimenticato da quanti lo subirono. Se ne parla tuttora sull’isola. E c’è chi giura che, in certe notti senza luna e stelle, e con il vento, dentro le folate si avverte il sibilo delle scudisciate. Il porto d’Ischia nacque per quella rovinosa caduta. Sbollita la rabbia, re Ferdinando decise infatti di realizzare un approdo sicuro”.

michelelubrano@yahoo.it

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                                  L’ARTICOLO DI MICHELE LUBRANO E’ STATO PUBBLICATO SU IL GOLFO GIOVEDI’ 24 OTTOBRE 2019

 

24/10/2019 · Ischia e la storia